A fronte di 23.293 imprese legate al mondo della ristorazione attive in Sicilia nel 2020, si è registrato, sul fronte della nati-mortalità delle stesse, il saldo negativo di 837 unità. In 837 hanno cessato la propria attività. Emerge dal rapporto annuale Fipe, aggiornato al 31 marzo 2021, quindi comprendendo in pieno il periodo Covid, redatto dall’ufficio studi di Confcommercio nazionale e reso noto dal presidente regionale Fipe Sicilia, Dario Pistorio, con il presidente regionale Confcommercio Sicilia, Gianluca Manenti.

I dati della nati-mortalità della ristorazione

Sono 837 le attività della ristorazione che, in complessivo, hanno cessato l’attività nel 2020. Per quanto riguarda i bar, 361 le attività che hanno chiuso i battenti. I ristoranti e le attività di ristorazione mobile che hanno cessato l’attività sono 472 (43 società di capitali, 72 società di persone, 355 ditte individuali). Con riferimento a mense e catering, il rapporto di nati-mortalità è pari a -4.

Il Covid influisce sulle chiusure

“Le aziende della filiera sono concordi nell’affermare – chiarisce Pistorio facendo riferimento alle interviste che corredano lo studio – che il settore chiuderà il 2021 con un risultato negativo rispetto ai livelli pre-Covid del 2019. In particolare, la maggior parte degli intervistati (55%) ritiene che l’evoluzione attesa per il 2021 sarà pari a circa il -20% rispetto al 2019. Al di là della previsione sul numero, emerge chiaramente come sul 2021 permanga un clima di grande incertezza sulla tempistica della “ripresa”, i dubbi non sono tanto sulla fiducia che i consumatori abbiano voglia di tornare al “fuori casa” quanto sulla tempistica delle misure di contenimento del Covid (come ad esempio orari di apertura, distanziamento, coprifuoco) previste e frequentemente riviste ed aggiornate”.

Incertezza sul futuro

“Per quanto riguarda, invece, il ritorno ai livelli pre-Covid del 2019, esiste ancora grande incertezza – sottolinea dal canto suo il presidente regionale Confcommercio Sicilia, Manenti – circa il 70% degli intervistati si divide tra chi ritiene che questo sarà possibile già nel 2022 (36%) e chi invece ipotizza che avverrà solo nel 2023 (36%). Esiste tuttavia una quota rilevante di esperti che pensa non si riuscirà a tornare a livelli pre-Covid prima del 2024. Per tutti, le stime sono fortemente legate alle tempistiche di uscita dallo stato di emergenza sanitaria e, di conseguenza, al successo della campagna vaccinale e alla mancanza di ulteriori ondate pandemiche”.