Una guardia penitenziaria in servizio al carcere all’Ucciardone di Palermo è risultata positiva al Coronavirus. Si tratta di un agente che lavora in una sezione in cui ci sono circa 90 detenuti. L’uomo è stato individuato attraverso l’indagine epidemiologica dell’Azienda sanitaria provinciale.
E’ entrato in contatto con uno dei venti colleghi risultati infetti del Nucleo traduzioni che fa base al Pagliarelli contagiati dal Covid-19. Il nucleo è composta da 130 agenti.
“Sono in corso gli accertamenti – dice la direttrice del carcere, Giovanna Re – ma i primi 50 tamponi sono già risultati negativi.
Attendiamo l’esito di altri 50. Il nostro agente per fortuna sta bene. I detenuti e i loro familiari non devono preoccuparsi di alcunché perché è stata fatta, come previsto dai protocolli sanitari, la sanificazione degli ambienti interessati. Bisognerà solo continuare ad adottare a scopo precauzionale misure quali il distanziamento, l’utilizzo delle mascherine e la costante igienizzazione”.
La responsabile dell’istituto penitenziario non si mostra preoccupata per la situazione e chiarisce l’importanza di rispettare i protocolli previsti dal ministero della Salute, dalla Regione e dall’Asp: “Stiamo considerando la sezione come una sorta di ‘zona rossa’. Per il resto è stato necessario differire i colloqui di qualche giorno per i detenuti di quella sezione, ma speriamo di poterli consentire nuovamente a partire da sabato”.
Se da un parte la direttrice conferma per il momento un unico contagio interno all’Ucciardone, dall’altra monta la preoccupazione tra i familiari dei detenuti e gli stessi agenti di polizia penitenziaria secondo i quali i casi accertati sarebbero già due. Più delicata invece la situazione all’istituto penitenziario Pagliarelli, dove gli agenti risultati già contagiati sono venti mentre la maggior parte dei restanti colleghi si trova adesso in quarantena in attesa dell’esito dei tamponi.
Il focolaio relativo al Nucleo traduzioni ha avuto delle ripercussioni anche sull’attività del tribunale. Ieri infatti un giudice per le indagini preliminari si è trovato costretto a rinviare un processo in cui sono coinvolti 40 detenuti per traffico di sostanze stupefacenti, proprio perché gli agenti delle polizia penitenziaria non avevano potuto portarli in aula per l’udienza.
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