Netto calo in cinque anni del numero degli ambulanti siciliani. Lo dicono i dati del Mise (ministero dello Sviluppo Economico) analizzati oggi da Confimprese Sicilia in un incontro a Palermo sulla situazione del commercio sulle aree pubbliche.
L’analisi va dal 2016 al 2020 e presenta un quadro preoccupante che non è più basato sulle sensazioni ma è acclarato dalla crudezza dei numeri.
Ragioni vecchie e nuove, croniche e congiunturali, stanno mettendo in discussione una forma di commercio che, nonostante il calo del numero di operatori, rappresenta una importante fetta della distribuzione commerciale.
I dati siciliani, dal 2016 al 2020 un calo del 12,3%
Dai dati forniti dal ministero dello Sviluppo Economico le aziende ambulanti in Sicilia al 31 dicembre 2020 risultano 18.666 a fronte delle 21.298 esistenti nel 2016. Certificata una flessione di 2632 aziende pari al 12,3% nettamente superiore al 7,8% registrato a livello nazionale.
La perdita di sole 192 aziende nel 2020 conferma la teoria di Confimprese Sicilia secondo la quale la tenuta del numero di attività è determinata dal rinnovo di tutte le autorizzazioni fissato originariamente al 31 dicembre 2020.
La situazione nelle province, Trapani ed Enna uniche in crescita
I dati provinciali fanno emergere delle differenze tra le varie province. Due province, nel periodo 2016-2020 sono in crescita, Trapani registra un più 127 ed Enna un più 20 mentre tutte le altre segnano un meno. Si va dal -35 nella provincia di Agrigento al meno 1985 della provincia di Palermo. Anche in questo caso i dati tra il 2019 ed il 2020 sono abbastanza omogenei. A perdere di più sono le province dove è maggiormente radicato il commercio su aree pubbliche, oltre a Palermo anche Catania perde abbastanza registrando un -313.
A soffrire di più, anche se questo elemento parte da nostre considerazioni, è il commercio ambulante permanente, cioè quello collegato ai mercati storici o alle postazioni permanenti, e quello legato ai mercati settimanali. Questi ultimi presentano pesanti défaillance nei grandi centri. A Palermo ci sono oltre 500 posteggi abbandonati, numero che crescerà in fase di rinnovo delle autorizzazioni, i mercati di Trapani, Marsala, Bagheria, solo per citarne alcuni presentano tanti spazi vuoti.
Nei dati esaminati non viene considerato il dato relativo all’abusivismo che comunque va precisato riguarda in maggioranza le grandi città ed in particolare Palermo.
Dall’analisi alle proposte
L’analisi dei dati evidenzia che il sistema del Commercio su aree pubbliche era già in crisi negli anni precovid e quindi per Confimprese Sicilia “risulta evidente che occorrono provvedimenti atti a sostenere le aziende ambulanti per superare l’emergenza ma servono anche misure strutturali per rilanciare il ruolo mercati, fiere e sagre sia in un’ottica commerciale che in una prospettiva di rapporto con la città nel nuovo quadro di riferimento che la rete distributiva offre”.
Ed inoltre “La crescita del commercio on line, le televendite non controllate e non controllabili sui social, stanno peggiorando la situazione del commercio fisico in genere ma di quello ambulante in particolare. Serve una nuova visione che deve vedere una forte sinergia tra operatori, politica e burocrazia. Governi, Amministratori e burocrati devono spostarsi dalla visione che il mercato sia un fastidio ma devono trattarlo per quello che rappresenta: un servizio. È necessario che tra gli operatori del mercato, gli addetti ai controlli e gli altri soggetti che collaborano al loro funzionamento facciano sinergia per risolvere i problemi cronici come la raccolta dei rifiuti e gli atti necessari alla crescita economica dei mercati stessi”.
Misure di Emergenze
Dal marzo 2020 ad oggi i mercatini non sono più entrati a regime, è andata peggio a fiere e sagre che di fatto non hanno nemmeno ripreso la loro attività. Queste categorie non sono di fatto mai entrate tra quelle che hanno beneficiato dei cosiddetti “ristori” a fondo perduto o dei finanziamenti ad essi collegati. Secondo Confimprese “È necessario intervenire su questo campo pertanto chiediamo all’Assessorato Regionale alla Cooperazione di individuare delle risorse da destinare a fondo perduto al Commercio su aree pubbliche ed in Particolare a chi opera nelle fiere e nelle sagre che da più di due anni sono fermi. Tale bando va rivolto anche agli operatori dei mercati settimanale se è vero che sono aperti, ma è altrettanto vero che il fatturato non consente nemmeno di recuperare i costi sostenuti”.
Una ulteriore richiesta riguarda l’accesso al credito. La quasi totalità degli operatori ambulanti non ha i requisiti di bancabilità per potere accedere al credito. Nessun istituto bancario applicando le norme della Banca D’Italia potrà finanziare chi ha avuto protesti o non ha una situazione patrimoniale ed economica tale da potere ottenere un finanziamento.
“Proponiamo – si legge nella nota – che la Regione Sicilia istituisca un fondo di rotazione da affidare ad uno degli istituti collegati alla regione come potrebbe essere la CRIAS o l’IRCAC . Siamo coscienti che apparentemente sono delle somme a rischio, ma noi immaginiamo finanziamenti di somme relativamente piccole tra i 5 ed i 10 mila euro da restituire in 36/48 mesi. Se ci pensiamo è meno di quello che percepiscono i percettori del reddito di cittadinanza che non devono restituire nulla”.
Ed inoltre “Chiediamo un indennizzo per i commercianti su aree pubbliche che subiscano un danno determinato dai fenomeni climatici o da incidenti, attraverso la modifica ed il rifinanziamento dell’art. 64 della L.R 23 dicembre 2000, n.32”.
Il canone unico patrimoniale
Dal primo gennaio 2021 è entrato in vigore il CUP. L’anno trascorso è servito ai Comuni per approvare i Regolamenti attuativi per fissare le Tariffe temporanee relative alle aree mercatali. La sospensione del pagamento sino al 31 marzo 2022 ha evitato l’impatto con il nuovo canone. Sappiamo già che saremo costretti ad aprire contenziosi in quasi tutti i Comuni.
Ci sono state una serie di avvisaglie poco rassicuranti. Alcuni chiedono la TARI che invece è stata inglobata nel CUP, in altri hanno fissato Tariffe più alte di quelle previste per legge, altri ancora hanno previsto dei regolamenti che sbagliano o non prevedono le riduzioni previste per legge.
Si legge inoltre “In molti dovranno cambiare i regolamenti perché contro legge. Quanto affermiamo è avvalorato da Circolari e risoluzioni emanate dal MEF (Ministero Economia e Finanze). Chiediamo all’Assessore di farsi promotore di un incontro tra la nostra associazione e l’Anci Sicilia al fine di chiarire la questione della corretta applicazione del CUP ed invitare i Comuni ad adeguarsi alle previsioni normative, quando non rispettate”.
Le misure per la crescita
Per Confimprese “È importante che sia approvato il Testo unico per il Commercio che prevede la possibilità di svolgimento dell’attività per il commercio su aree pubbliche da parte delle SRL ed una novità che potrebbe rappresentare una grande innovazione che è quella legata alla possibilità di costituire dei Contratti di Rete tra gli operatori. La realizzazione di questa misura potrebbe consentire il passaggio verso l’autogestione dei mercati e l’attuazione di politiche di promozione e sviluppo dei mercati”.
Prosegue: “I mercati per come sono costituiti perdono fasce di clientela importante. Dalle Teen Agers che nell’orario dei mercati sono a scuola, alle donne che lavorano che quasi sempre hanno orari incompatibili con i mercati. Purtroppo, non è una semplice operazione di cambio degli orari ma è un percorso che va sperimentato e vanno considerate le difficoltà che il cambio di orari comporta. La categoria deve avviare questo percorso per capire se dobbiamo fare un prolungamento delle ore, una modifica di avanti dell’orario oppure un cambio degli orari radicali o ragionando sulla flessibilità degli stessi, salvaguardando il principio che il mercato apre e chiude contemporaneamente. Nei grandi centri va valutata la possibilità di realizzare dei mercati in sede fissa, giornalieri aperti l’intera giornata. In questa maniera si perderebbe la peculiarità del classico mercatino come l’abbiamo visto, ma i riscontri che arrivano da altre parti del territorio nazionale dimostrano che questo tipo di attività resiste meglio alla crisi”.
E conclude: “Per realizzare ciò bisogna affrontare nuovi percorsi in special modo se queste strutture devono sostituire i mercati esistenti. Non è un cambio di luogo che è già molto complicato, ma è un cambio di filosofia commerciale ed amministrativa con una serie di questioni che vanno affrontate come ad esempio il costo del canone di locazione, i conteggi sulla raccolta dei rifiuti, il regolamento di gestione di queste aree, l’individuazione del soggetto gestore, il rapporto tra amministrazione e soggetto gestore. Noi crediamo che nel percorso di evoluzione e sopravvivenza dei mercati questo sia un percorso obbligato, che i Comuni devono valutare con grande attenzione, ma penso anche che la Regione debba stilare delle linee guida per la loro attuazione”.
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