Il giudice del lavoro del tribunale di Palermo Matilde Campo ha condannato la Reset, azienda partecipata del Comune di Palermo e imposto alla società di riassegnare ad un dipendente invalido il posto che occupava prima.

La vicenda

Il dipendente della Reset Francesco Paolo Farina, invalido al 100%, era stato trasferito dal centro ippomontato campo ostacoli dove svolgeva l’attività di custode a svolgere la stessa mansione all’area servizi VIII circoscrizione a Villa Costa Terrasi in viale Lazio.

L’impiegato assunto alla Gesip e riassorbito alla Reset aveva subito questo trasferimento senza il proprio consento. Quindi un’atto illegittimo della società.

Per gli avvocati Antonino Garofalo e Francesca Paola Garofalo quel trasferimento imposto aveva “determinato una situazione di malessere e disagio e l’insorgere di straining, una situazione di stress forzato sul posto di lavoro, in cui la vittima subisce almeno una azione che ha come conseguenza un effetto negativo nell’ambiente lavorativo, azione che oltre ad essere stressante, è caratterizzata anche da una durata costante”. Il giudice ha condiviso le richieste dei legali e imposto il trasferimento del dipendente al posto di lavoro che occupava.

La sentenza

“Insufficiente appare la motivazione da parte della Reset – si legge nella sentenza – del responsabile del settore pulizia e custodia della società che si limita ad affermare che il Comune non aveva mai chiesto la figura di addetti alla sola custodia e richiedeva piuttosto quella di “puliziere” circostanza che appare in contrasto con l’assegnazione per anni di Farina allo stesso sito proprio con le mansioni di portiere e proprio su richiesta dell’amministrazione comunale”.

Licenziato dalla Reset per esposto alla Corte dei Conti, ora deve essere riassunto e risarcito

Il giudice della sezione Lavoro del Tribunale di Palermo ha respinto il ricorso presentato dalla Reset, società partecipata del Comune, contro la riassunzione di Massimo D’Asta dipendente della società consortile che era stato licenziato, perché aveva presentato un esposto alla Corte dei conti sull’attività dell’azienda e sull’affidamento di alcuni incarichi, oggetto anche di servizi televisivi su reti nazionali, ed era stato ascoltato dalla commissione Aziende del consiglio comunale.

Già il giudice del lavoro Donatella Draetta nel 2019 aveva annullato il licenziamento e ordinato la reintegrazione con il pagamento degli stipendi e dei contributi. D’Asta è difeso dagli avvocati Antonio e Francesca Paola Garofalo. Adesso arriva anche una seconda pronuncia con la quale la riassunzione è stata di nuovo confermata. Nella lettera di risoluzione del rapporto di lavoro, la società aveva scritto che il licenziamento era dovuto “all’intento di pregiudicare l’immagine, il decoro, l’onore e la reputazione del Consiglio d’amministrazione”.

“Licenziamento nullo in quanto ritorsivo”

Anche il giudice Campo ribadisce nella sentenza che il licenziamento irrogato è nullo in quanto ritorsivo. “Il pubblico dipendente che, nell’interesse dell’integrità della pubblica amministrazione, segnala al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza o denuncia all’autorità giudiziaria ordinaria o a quella contabile, condotte illecite di cui è venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro determinata dalla segnalazione – si legge nella sentenza – L’ordinanza opposta va dunque confermata nella parte in cui, qualificato come ritorsivo il licenziamento del dipendente conseguente alla denuncia sporta avverso i vertici aziendali, ne ha disposto la reintegrazione nel posto di lavoro con le statuizioni risarcitorie”.

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