“Con un chilo di grano pagato pochi centesimi gli agricoltori siciliani hanno limitato la semina e l’Isola rischia di essere invasa ancora di più dal prodotto che arriva da altre parti del mondo”.
Lo afferma Coldiretti Sicilia con riferimento ai dati emersi da uno studio dell’organizzazione nazionale secondo cui il calo delle semine supera il – 7 per cento e rischia di far abbandonare terreni aggravando la già precaria situazione delle aree interne dove si concentra la produzione cerealicola regionale .
“Il grano siciliano – aggiunge l’organizzazione agricola – rappresenta la produzione più importante per il settore e per preoccupa il calo della produzione, già significativo nel 2016 sul 2015, rilevato dall’Istat. Due anni fa la produzione di grano duro aveva superato gli otto milioni e cento quintali, lo scorso anno si è attestata a poco più di 7 milioni e 600 quintali. Se nel 2015 la superfice coltivata era 286.798 ettari, nel 2016 sono stati seminati 284.005 ettari e il calo registrato fa prevedere una ulteriore perdita di produzione. Il quadro cerealicolo regionale rischia di peggiorare – denuncia ancora Coldiretti Sicilia – a causa dall’approvazione da parte dell’Europarlamento del Ceta (Comprehensive Economic and Trade Agreement) con il Canada che rappresenta il primo esportatore di grano duro in Italia. Un accordo che dovrà essere ratificato dal Parlamento nazionale contro il quale rischia di scatenarsi una nuova guerra del grano. Occorre accelerare sul percorso di ratifica ed entrata in vigore dell’etichettatura di origine obbligatoria per il grano usato per produrre la pasta – conclude Coldiretti – . Lo schema di decreto, frutto della battaglia del grano lanciata da Coldiretti e condiviso dai Ministri delle Politiche agricole Maurizio Martina e dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, è stato inviato alla Commissione Europea a Bruxelles”.
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