Si è avvalso della facoltà di non rispondere Feliciano Leto, impiegato come commesso giudiziario alla Procura di Palermo e accusato di essere una talpa al servizio della criminalità. Durante l’interrogatorio di garanzia di ieri pomeriggio, l’ex Pip difeso dall’avvocato Luigi Miceli ha scelto di non parlare davanti al gip Lirio Conti. L’uomo è stato arrestato due giorni fa per favoreggiamento continuato e aggravato in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare, al termine di un’inchiesta della direzione distrettuale antimafia.

Le tesi degli inquirenti

Secondo l’accusa, l’addetto al trasporto dei fascicoli delle segreteria dei pm avrebbe consultato i procedimenti, fotografato e diffuso in maniera illecita atti coperti dal segreto istruttorio. Quindi avrebbe portato all’esterno le cartelle con i documenti. Ma soprattutto si sarebbe reso disponibile a fornire a diversi personaggi le informazioni sulle indagini in corso e sulle intercettazioni avviate nei loro confronti. Una fuga di notizie gravissima che avrebbe arrecato un danno ad alcune inchieste su rapine a mano armata, ma anche su traffico di armi e corruzione e falso.

Le conferme sui sospetti

A confermare i sospetti sulla sua attività abusiva sarebbe stato un spyware installato nel cellulare che ha registrato ogni mossa e captato tutti quelli con cui parlava e si incontrava. Resta da capire come Leto, che è genero dell’imprenditore Vincenzo Passantino, titolare di una ditta di trasporti sottoposta a interdittiva antimafia, abbia superato i controlli riuscendo a lavorare indisturbato al palazzo di giustizia. Nei prossimi giorni la difesa presenterà il ricorso al tribunale del Riesame.

La raccolta di informazioni

Leto avrebbe raccolto un intero hard disk, copiando prove e atti dell’inchiesta della Dda per fornirli a Luigi Abbate, boss del quartiere Kalsa di Palermo conosciuto con il soprannome di “Gino U Mitra”. Abbate, dopo la morte, tre giorni fa, di Antonino Lauricella detto “U Scintilluni”, è l’ultimo boss del quartiere. Attualmente è detenuto ma  potrebbe presto tornare in libertà. La cassazione ha infatti rimandato alla corte d’appello l’ultima sentenza di condanna a 16 anni. Fine pena prevista quindi nel 2027 ma adesso le cose cambiano. La suprema corte ha infatti stabilito un riconteggio della pena, che quindi potrebbe subire delle pesanti riduzioni.

Punto di riferimento del circuito criminale

Per il gip Felice Leto era diventato il “punto di riferimento per i diversi soggetti del circuito criminale palermitano” a caccia di informazioni su indagini top secret. Grazie al suo ruolo di commesso giudiziario aveva libero accesso a decine di fascicoli della Procura: una posizione che gli consentiva di carpire notizie sulle attività investigative e di fare soffiate agli interessati.  In altri due casi Leto avrebbe avvertito i banditi di intercettazioni a loro carico spingendoli a dismettere le sim in uso. Di grave danno alle indagini parla il gip nella misura cautelare: le notizie rivelate avrebbero compromesso le attività degli inquirenti.

La doppia vita di Leto

Per Leto si trattava di una vera e propria doppia vita visto che la mattina lavorava in Procura come commesso giudiziario, maneggiando carte e fascicoli anche coperti dal segreto istruttorio. Il pomeriggio, così come il sabato, lavorava nell’azienda di trasporto del suocero, destinataria ad agosto dell’interdittiva antimafia emessa dal prefetto di Palermo. Ambienti diversi che, in questo caso, hanno dimostrato di essere in aperto contrasto fra loro.

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