“La misura che introduce un tetto del 20% all’ingresso delle società di capitali nella proprietà delle farmacie consegnerà alla multinazionali e alla grande distribuzione l’intera catena dell’assistenza farmaceutica, così come è accaduto per altre categorie commerciali, riducendo il ruolo dei tanti professionisti, che lavorano a difesa dei cittadini, a semplici ‘commessi’ dipendenti. Un ruolo che non coincide affatto con l’investimento di grandi capitali, che difende gli interessi della finanza, il cui unico obiettivo è accaparrarsi quote importanti dell’intero mercato nazionale”.
Questo è l’appello lanciato da Toti Amato, presidente dell’Ordine dei medici di Palermo, agli assessori regionali alla Salute, sul decreto in discussione alla Commissione Servizi Sociali e Sanitari dell’Assemblea regionale siciliana.
“Sarà anche una guerra tra poveri” – prosegue Amato – “perché i titolari di farmacie che riusciranno a salvarsi, per sopravvivere, all’inizio si vedranno costretti ad aumentare il loro profitto, abbandonando la loro professionalità e coscienziosità a favore di un liberismo esagerato e trasformandosi in commercianti senza scrupoli per i quali la salute dei cittadini sarà l’ultimo dei pensieri. E con ogni probabilità, alla lunga, non avendo più una remunerazione sostenibile, saranno costretti a vendere il loro esercizio alla grande catena della porta accanto”.
“La liberalizzazione di questo ddl è di fatto una bugia” – incalza il presidente dei medici siciliani, in linea con quanto dichiarato dal presidente di Federfarma Palermo-Utifarma Roberto Tobia, secondo cui – “Il ‘paletto’ del 20%, inserito dal Governo nazionale nel DDL Concorrenza spacciandolo per ‘concessione’ a tutela della farmacia italiana, offende l’intelligenza di un’intera categoria che non merita di essere presa in giro, ma che ha diritto a più rispetto e maggiore considerazione per il ruolo che svolge all’interno del Servizio sanitario nazionale”.
“Questo ddl punta dritto agli interessi della finanza mondiale” – conclude il presidente dell’Ordine – “quando invece dovrebbe mirare al rilancio della professione, dell’occupazione e all’apertura del mercato. La strada che si apre è pericolosa perché è quella di un lento assorbimento dell’attività intellettuale dei tanti professionisti”.
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