Nella classifica delle 10 linee peggiori d’Italia ci sono anche tratte siciliane come la Catania-Caltagirone-Gela. È quanto denuncia Legambiente nel rapporto ‘Pendolaria 2023’ sollecitando una cura del ferro che diventi “una priorità per il governo Meloni, prevedendo 2 miliardi di euro all’anno fino al 2030, recuperabili dal bilancio dello Stato specialmente all’interno del vasto elenco di sussidi alle fonti fossili”.
Profonde differenze tra Sud e Nord
Sul trasporto ferroviario, evidenzia il rapporto, “persistono le differenze nelle aree del Paese, e a pagarne lo scotto è soprattutto il Mezzogiorno, dove circolano meno treni, sono più vecchi – con un’età media di 18,5 anni, in calo rispetto a 19,2 del 2020 ma più elevata degli 11,9 di quelli del nord – e viaggiano su linee in larga parte a binario unico e non elettrificate”. La differenza tra Sicilia e Lombardia è abissale per fare un esempio. “Le corse dei treni regionali in Sicilia sono ogni giorno 506 contro le 2.173 della Lombardia, quando la popolazione in Lombardia è pari al doppio dei siciliani. Emblematico è che tra Napoli e Bari non esistano treni diretti”.
Sud ha ancora meno treni e più vecchi che al nord
La cura per il sud indicata da Legambiente si traduce con “più treni per il Meridione, elettrificazione e collegamenti più veloci potenziando in primis il servizio Intercity e integrando l’offerta di servizio lungo le direttrici principali, per garantire almeno un treno ogni ora, attraverso un servizio cadenzato e nuovo materiale rotabile”. Legambiente cita anche la linea Palermo-Trapani, via Milo, chiusa dal 2013 a causa di alcuni smottamenti di terreno, la Caltagirone-Gela, chiusa a causa del crollo del Ponte Carbone l’8 maggio 2011. Per Legambiente inoltre l’asse prioritaro su cui intervenire è in Sicilia la Palermo-Messina-Catania. Servono poi collegamenti veloci e frequenti tra la Sicilia, la Calabria e il resto della Penisola e va potenziato il trasporto via nave.
Trasporto su ferro in Italia indietro in Europa
Al sud Italia, sono i continui ritardi infrastrutturali, i treni poco frequenti, le linee a binario unico, la lentezza nella riattivazione delle linee ferroviarie interrotte, chiuse e dismesse, e le risorse economiche inadeguate a dare maggiori problemi. “Sul fronte investimenti, negli undici anni dal 2010 al 2020, sono stati fatti più investimenti sulle infrastrutture per il trasporto su gomma che su ferro. Stando ai dati del Conto nazionale trasporti, dal 2010 al 2020 sono stati realizzati 310 km di autostrade, a cui si aggiungono migliaia di chilometri di strade nazionali, a fronte di 91 chilometri di metropolitane e 63 km di tranvie”.
Basta rincorrere opere inutili
“Il processo di riconversione dei trasporti – spiega Stefano Ciafani, presidente di Legambiente – è fondamentale. Lo è se vogliamo rispettare gli obiettivi del Green Deal europeo, del taglio delle emissioni del 55% entro il 2030 e del loro azzeramento entro il 2050, visto che il settore è responsabile di oltre un quarto delle emissioni italiane che,
in valore assoluto, sono addirittura cresciute rispetto al 1990. Per questo – osserva Ciafani – è fondamentale invertire la rotta e puntare su importanti investimenti per la cura del ferro del nostro Paese, smettendola di rincorrere inutili opere come il
Ponte sullo Stretto di Messina”.
Investire sui treni non sul Ponte sullo Stretto
Occorre investire, secondo Ciafani, “in servizi, treni moderni, interconnessioni tra i vari mezzi di trasporto e con la mobilità dolce, in linee ferroviarie urbane, suburbane ed extraurbane, potenziando il servizio dei treni regionali e Intercity. Al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini l’associazione ambientalista chiede di dedicare ai pendolari almeno la stessa attenzione che ha messo in questi mesi per il rilancio dei cantieri delle grandi opere”.
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