In Sicilia negli ultimi dieci anni hanno chiuso i battenti almeno 400 edicole. I giornalai sono sprofondati in una crisi profonda e non sembrano vedere vie d’uscita.
“A Palermo e provincia registriamo la chiusura di circa il 50 % delle edicole – dice Giulio Lauro, uno degli edicolanti più conosciuti in città che da circa cinquant’anni è impegnato nel Sinagi, il sindacato dei giornalai – c’erano circa 480 edicole, 250 solo a Palermo. Oggi sono 120 a Palermo e 100 in provincia. Sono diversi i fattori che hanno determinato questa situazione, a partire dai costi eccessivi per la distribuzione che diventa più esosa in provincia e per i paesi più distanti. A Pollina non ci sono più edicole da 3 anni e dalle notizie e in altre piccole realtà la direzione è questa. Anche a Roccamena ha chiuso l’unica edicola presente”.
“Va detto – aggiunge Lauro – che la gente non legge più il giornale come prima, chi ha voglia di informarsi lo fa
velocemente con il web o con la tv. Troppi costi e troppi debiti hanno inciso sulla scelta da parte di tanti a chiudere le
attività. Nel 2006 mi avevano offerto 350 mila euro per acquistare la mia edicola e non l’ho venduta. Poi quando ho
deciso di venderla ho tenuto il cartello per un anno e nessuno si è fatto avanti. Ero pronto anche a regalare la licenza – sottolinea Lauro – ma niente”.
A Lauro fa eco Giuseppe Catalano, segretario regionale Sinagi della Calabria e commissario Sinagi per Catania e Messina: “Abbiamo una sorta di monopolio dei distributori locali, pensi che in molti paesi dei Nebrodi i giornali non arrivano più da tempo. A Messina e provincia i dati delle chiusure sono catastrofici così come a Catania dove negli ultimi anni hanno abbassato le serrande una sessantina di edicole. In Calabria ne sono rimaste circa 900, negli ultimi 5 anni abbiamo registrato 400 chiusure e ciò comporta che nel 40% dei territori non arrivano i giornali, mentre in Sicilia in almeno il 30%.
Ma anche le norme non aiutano se pensiamo che i comuni fanno pagare come suolo pubblico, fino a 100 euro, la ‘tassa sull’ombra’ delle tende che servono a riparare dal sole i punti vendita”. Sui giornali e le riviste che non arrivano nei piccoli paesi Catalano dice: “Ai distributori non conviene, i costi sono alti, i ricavi bassi, ma ritengo ci sia anche un problema di democrazia legata all’informazione, come fa a informarsi un anziano?”. “Poi c’è la questione oggettiva del calo delle vendite legate a diversi fattori come il fatto che i giornali di carta non fanno più grandi inchieste – sottolinea – a cui si aggiunge che molti editori di riviste hanno abbassato il costo di copertina e oggi il nostro agio è mediamente del 18% per giornali e riviste, intorno al 4% per biglietti e abbonamenti ai trasporti pubblici, tra lo 0,8% e 0,9% per le ricariche telefoniche. Da anni combattiamo per rivedere queste percentuali, anzi rivolgo un appello ai colleghi edicolanti sulla necessità di fare rete”.
“Stiamo raccogliendo le firme – continua Catalano – che daremo al presidente della Repubblica e al presidente del consiglio affinché una parte dei fondi all’editoria sia destinata a salvare le edicole italiane che sono un luogo di incontro quotidiano, lanterne accese sulle città, grandi e piccole, nei centri storici e nelle periferie, fino ai luoghi più remoti e del territorio nazionale, e rappresentano un baluardo insostituibile per una stampa libera e accessibile a tutti i cittadini. Per il 26 novembre abbiamo organizzato a Roma una grande manifestazione”. Nell’appello si chiede anche di farsi parte attiva nei confronti degli editori per la definizione di un nuovo accordo nazionale con gli edicolanti che stabilisca regole operative e corrispettivi economici in grado di stabilizzare il settore
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