«Intervenire per porre fine al contesto di incertezza in cui sono costretti a operare i magistrati onorari». È questo l’invito che il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, rivolge con una lettera al ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, affinché si approntino «adeguate misure economiche, previdenziali e sociali per consentire anche al popolo della magistratura onoraria di porre basi certe per la costruzione del proprio futuro».

Da diversi giorni si susseguono anche in Sicilia le manifestazioni di protesta dei magistrati onorari in servizio che chiedono «in modo condivisibile – scrive Musumeci – la regolamentazione del loro rapporto di lavoro e, conseguentemente, il riconoscimento di diritti ormai ineludibili».

D’altronde, ribadisce il presidente della Regione nelle righe indirizzate al Guardasigilli, «in Sicilia, come nel resto d’Italia, è noto il contributo che la magistratura onoraria offre al funzionamento del sistema giudiziario: si tratta di centinaia di giudici di pace, giudici onorari di tribunale e di vice procuratori onorari che quotidianamente svolgono il proprio servizio in una condizione di preoccupante precariato».

La mobilitazione dei giudici onorari si sta svolgendo a livello nazionale, e non sono mancate le proteste anche nella nostra Isola. Un gruppo di giudici onorari  di Palermo, per alcuni giorni, hanno deciso di fare lo sciopero della fame.
Il 18 dicembre scorso, invece, hanno dato vita ad un flash mob davanti al palazzo di giustizia di Enna per chiedere dignità nel lavoro.
I Giudici di pace, i Vice Procuratori onorari e i Giudici onorari in Italia sono oltre cinquemila, a fronte degli oltre ottomila togati, indispensabili per lo svolgimento delle udienze ma, di fatto, ignorati dallo Stato italiano.
“Lo testimoniano – si legge in una nota dei magistrati onorari diffusa in occasione del flash mob – le gravi affermazioni rilasciate dal Ministro Bonafede a seguito di una interrogazione parlamentare, secondo cui la magistratura onoraria esisterebbe “con finalità di contenere il numero dei togati, pena la perdita di prestigio e la riduzione delle retribuzioni della magistratura professionale”.

“Lo Stato italiano, – si legge ancora nella nota – pur in presenza di una chiara violazione di tutte le direttive in tema di lavoro, così come anche accertato, oltre che dai Tribunali, dalla Corte di Giustizia, e pur di fronte all’inevitabile apertura di infrazione europea con condanna dello Stato al pagamento di ingenti sanzioni, non ha mai mostrato alcuna apertura nei confronti delle legittime rivendicazioni della categoria, per ottenere un trattamento economico e normativo adeguato e commisurato alle funzioni espletate. Un non senso esploso, ancor di più, in questo periodo di pandemia durante la quale i giudici non togati stanno continuando a lavorare senza nessuna tutela previdenziale, assistenziale, malattia, giusta retribuzione”.

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