I giorni che continuano a scandire la guerra in Ucraina rafforzano sempre di più il ruolo della base Nato a Sigonella, al confine tra Siracusa e Catania. Da qui, partono i droni, gli ormai famigerati Global Hawk per raggiungere i cieli sotto i quali si sta consumando il conflitto per tenere sotto controllo lo scacchiere militare russo, sotto la guida del presidente della Federazione russa, Vladimir Putin.

Base Sigonella strategica

“Le basi Nato sono ancora più importanti di qualche anno fa” spiega all’AGI, Carla Monteleone, docente di Relazioni internazionali all’Università di Palermo, per cui  “sono estremamente importanti in Italia  perché il nostro Paese si trova in una posizione geograficamente rilevante. Osservando le aree di crisi su una mappa, molte di queste sono concentrate intorno a noi, e avere queste basi di appoggio è rilevante”.

La guerra in Iraq e alla Libia

In effetti, la base di Sigonella ha avuto un ruolo importante in due crisi internazionali, la prima in occasione della guerra in Iraq, iniziata nel 2003 dall’amministrazione americana per spodestare Saddam Hussein, l’ultima nel 2011, quando in piena primavera araba, che spazzò via molti governi “laici” ma dittatoriali, la Nato decise di bombardare la Libia per sostenere i ribelli e cacciare Muammar Gheddafi.

Napoli e Sigonella

“Tra l’altro, Napoli ha un ruolo importante nella distribuzione militare americana e Sigonella ha un reparto di droni rilevante e si presenta come un hub logistico di rilievo” dice ancora all’AGI Carla Monteleone, docente di Relazioni internazionali all’Università di Palermo.

Le proteste a Sigonella

Nei giorni scorsi, però, c’è stata una manifestazione di protesta davanti alla base militare di Sigonella. Un no alla guerra, rilanciato dagli attivisti del cosiddetto movimento No Muos, che chiedono di cacciare dall’isola i presidi della Nato.

“Condanniamo la scelta scellerata – hanno detto i manifestanti – di aumentare la spesa militare in Italia, per l’anno in corso, a 26 miliardi a discapito della spesa ridotta e insufficiente per tutelare realmente la salute, per un’istruzione degna di questa nome (e non militarizzata) e per il lavoro garantito a tutte e a tutti”.

 

 

 

 

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