Questa mattina, i finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Palermo hanno arrestato 5 persone residenti nel capoluogo, ritenute responsabili di intestazione fittizia di beni, favoreggiamento personale e reale e estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Oltre all’imprenditore palermitano accusato di intestazione fittizia di beni Giuseppe Ferdico e all’amministratore Giudiziaro Luigi Miserendino, ai domiciliari per favoreggiamento, la Guardia di finanza ha arrestato l’imprenditore Francesco Montes, accusato di intestazione fittizia di beni, e Pietro Felice e Antonino Scrima, accusati di estorsione.
Secondo gli investigatori, coordinati dalla Dda di Palermo, Ferdico, al quale a marzo è stato confiscato un patrimonio di 450 milioni di euro, in quanto ritenuto vicino alla famiglia mafiosa di San Lorenzo, avrebbe continuato a gestire, attraverso Montes e grazie alla complicità dell’amministratore giudiziario, il centro commerciale Portobello di Carini e il supermercato che si trova nel centro stesso. Il centro commerciale era stato formalmente affittato a Montes che, di fatto, era però in società con Ferdico.
Il controllo totale che il commerciante esercitava sull’attività economica confiscata si deduce da decine di intercettazioni ed era a conoscenza dell’amministratore giudiziario che, non sapendo di essere intercettato, ammetteva candidamente di sapere come andavano le cose ma di non volersene occupare. Dall’inchiesta è emerso il ruolo di due factotum di Ferdico, Felice e Scrima, che chiedevano il pizzo ai commercianti del centro commerciale.
I finanzieri hanno inoltre sequestrato quote societarie e beni appartenenti o riconducibili alla “Fenice Store Srl” e della “Ariaperta Srl”, per un valore complessivo di circa 3 milioni di euro.
L’attività investigativa delle Fiamme Gialle palermitane si è concentrata sulla gestione del “Portobello” di Carini (PA), centro commerciale del valore di oltre 70 milioni di euro e dotato di 35 negozi.
Attualmente il centro è in amministrazione giudiziaria a seguito del sequestro eseguito dal Nucleo di Polizia Tributaria di Palermo nel 2012, nell’ambito di un procedimento di prevenzione a carico di Giuseppe Ferdico – noto imprenditore palermitano già leader, sul territorio regionale, nel settore della grande distribuzione di detersivi e indiziato di appartenere all’associazione mafiosa denominata “Cosa Nostra” per i suoi collegamenti con esponenti di spicco del Mandamento di San Lorenzo – conclusosi recentemente (marzo 2017) con la confisca di primo grado, nonché imputato per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa assolto in primo grado, con processo di appello pendente.
Le indagini, sviluppate anche mediante intercettazioni telefoniche ed ambientali, hanno consentito di raccogliere gravi indizi per ritenere come, nonostante l’affidamento all’amministratore giudiziario, Giuseppe Ferdico fosse ancora il reale “dominus” del centro commerciale “Portobello”, in quanto “socio occulto” della “Ariaperta Srl” e della “Fenice Store Srl”; alle due società, amministrate di fatto da Francesco Montes (detto “Mario”), già condannato in via definitiva per bancarotta fraudolenta, era stata affidata la gestione della galleria e del supermercato del centro commerciale.
La connivenza dell’amministratore giudiziario del centro commerciale “Portobello”, Luigi Antonio Miserendino, in violazione del vincolo fiduciario che lo legava all’Autorità Giudiziaria, agevolando le condotte ascritte al Ferdico e Montes.
Alcune condotte estorsive perpetrate all’interno del centro commerciale da Pietro Felice e Antonino Scrima, dipendente quest’ultimo di una società in amministrazione giudiziaria operante all’interno del “Portobello”.
In particolare, le indagini condotte hanno consentito di ricostruire l’imposizione del “pizzo” al responsabile della società incaricata della vigilanza del centro commerciale che – in un’occasione – come documentato dalle telecamere installate dalle Fiamme Gialle, è stato costretto a consegnare la somma di 500 euro in contanti nelle mani di Scrima.
Il quadro indiziario, allo stato delle indagini, è particolarmente allarmante: all’interno del centro commerciale “Portobello” si era di fatto consolidato un clima di omertà e sottomissione proprio di contesti delinquenziali di stampo mafioso, nell’ambito del quale i soggetti arrestati eludevano i provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria, continuando a compiere azioni illecite, protetti da un’amministrazione giudiziaria compiacente.
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