Gaspare Spatuzza chiede di poter tornare in libertà. Il killer di cosa nostra, dopo aver collaborato con la giustizia e aver consentito di smascherare i depistaggi sulla strage di via d’Amelio, ha chiesto la scarcerazione dopo 25 anni ci reclusione.  Fino ad oggi i magistrati hanno rigettato la richiesta di scarcerazione. Gaspare Spatuzza resta detenuto dopo che nel 2008 decise di collaborare con i magistrati a 11 anni dall’arresto avvenuto nel 1997. Come ritenne il Tribunale di sorveglianza di Roma, Spatuzza non avrebbe ancora terminato il percorso di rieducazione. Non ci sta però la difesa dell’ex killer di mafia.

L’Udienza della Corte di Cassazione

Oggi la Corte di cassazione si radunerà per l’udienza sul ricorso contro l’ultimo diniego. Che potrà essere confermato o annullato. Come riporta il Corriere della Sera, dal punto di vista giuridico il problema è che Spatuzza, a differenza di Brusca e di molti altri pentiti famosi, ha cominciato a collaborare dopo che le prime condanne all’ergastolo erano già definitive. Quando ha confessato le stragi di Capaci e di via D’Amelio del 1992, senza che prima ne fosse accusato, era stato dichiarato colpevole per le bombe esplose in continente nel 1993 e per l’omicidio di padre Puglisi. Gli sconti di pena per l’uccisione di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino e gli agenti di scorta sono arrivate quando sulla sua testa pendeva il 41 bis.

Liberazione condizionale unica strada

L’unica strada per uscire dalla detenzione domiciliare che sta scontando in una località segreta, è la liberazione condizionale, che gli ergastolani possono avere dopo ventisei anni di reclusione. E Spatuzza, calcolando la liberazione anticipata che si applica a tutti i detenuti, è già a trenta.

Deve dimostrare il ravvedimento

Ora Spatuzza deve dimostrare di essersi ravveduto davvero. È sulla buona strada, dice il Tribunale, ma deve “completare e consolidare il positivo percorso intrapreso”. Secondo l’avvocata Valeria Maffei nel suo ricorso, il suo assistito pratica “riparazione e solidarietà sociale da ancor prima di collaborare con la giustizia, chiede scusa alle vittime, svolge attività di volontariato, proclama la necessità di collaborare e invita a farlo tutti i soggetti mafiosi con cui è stato posto a confronto”.

Le sue dichiarazioni

Fatto sta che con le sue dichiarazioni ha fatto compiere alla giustizia passi che altrimenti non avrebbe compiuto. Ha scagionato i sette ergastolani innocenti per la strage di via D’Amelio, scarcerati dopo lunghissime detenzioni, e riaperto le indagini sui nuovi accordi tra mafia e politica siglati dai suoi capi, i fratelli Graviano, alla fine del 1993. Le indagini sulle stragi del ’93 sono ancora in corso anche sulla base della sua collaborazione. E a Caltanissetta sono sotto processo i poliziotti accusati di aver estorto le bugie ai falsi pentiti sconfessati da Spatuzza. Tutto questo, secondo l’avvocata, non sarebbe stato valutato in maniera adeguata dai giudici di sorveglianza, come il “percorso religioso e di studi intrapreso” in carcere.

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