Dopo un mese di lockdown, il 25 per cento delle imprese siciliane rischiano di rimanere senza liquidità. Le difficoltà create dalla pandemia sul mercato del lavoro si riflettono sui redditi delle famiglie siciliane: il 22,3 per cento (9,9 per cento in Italia) dei siciliani vive in famiglie in cui non vi è un reddito da lavoro.
La Sicilia, inoltre, è la regione con la più bassa incidenza di persone con competenze digitali avanzate. Sono solo alcuni aspetti che emergono dal report della Banca d’Italia “L’economia della Sicilia”, presentato oggi, in cui sono stati illustrati i dati principali sulla congiuntura economica regionale, anche nel periodo della pandemia.
Le chiusure delle attività, a seguito delle misure anti- covid, hanno avuto un forte impatto sulle imprese. La capacità di generare reddito si è così ridotta drasticamente a fronte di esborsi per costi non differibili, sostenuti dalle riserve finanziarie dell’imprenditore o da linee di credito.
“In un contesto di incertezza circa l’evoluzione dell’emergenza sanitaria – è scritto nel report della Banca d’Italia – le imprese che stimano una riduzione della spesa per investimenti per il 2020 prevalgono nettamente su quelle che ne prefigurano un aumento. Tra i principali comparti di specializzazione regionale, quello turistico, che negli ultimi anni ha sostenuto la dinamica dei servizi, è uno dei più esposti alla crisi, anche in ragione della dipendenza dalla domanda estera e dei tempi necessari a ripristinare la fiducia dei viaggiatori, che amplificheranno le difficoltà delle imprese per la stagione estiva 2020”. Tuttavia ci sono delle schiarite, perché emerge pure che il sistema produttivo si è trovato ad affrontare la crisi attuale in condizioni finanziarie più favorevoli rispetto al passato.
Nella prima parte del 2020 il mercato del lavoro ha risentito del progressivo rallentamento dell’attività economica e della sospensione di alcune attività non essenziali disposta per il contenimento della pandemia. I dati amministrativi sulle comunicazioni obbligatorie evidenziano un forte calo delle assunzioni nei mesi di marzo e aprile. I livelli occupazionali nel 2019 sono rimasti sostanzialmente stabili rispetto all’anno precedente, su valori ampiamente inferiori a quelli osservati prima della crisi finanziaria. Nella prima parte del 2020 il mercato del lavoro ha risentito del progressivo rallentamento dell’attività economica e della sospensione di alcune attività non essenziali disposta per il contenimento della pandemia. Le ricadute dell’emergenza sanitaria sull’andamento dell’occupazione sono state mitigate dall’ampio ricorso alla Cassa integrazione guadagni (CIG) – nei primi cinque mesi del 2020 per 45 milioni, contro i 36 milioni del 2012 – e dal blocco dei licenziamenti. Effetti rilevanti sull’occupazione potrebbero emergere nei prossimi mesi; in Sicilia la componente a tempo determinato era fortemente cresciuta negli ultimi anni e ha un’incidenza maggiore rispetto alla media nazionale. La divisioni analisi e ricerca economica della sede palermitana della Banca d’Italia, oltre ad analizzare il 2019, “ha ritenuto spostare in avanti lo studio degli indici economici-finanziari fino al semestre 2020, nel periodo della crisi pandemica – ha detto il direttore della sede palermitana della Banca d’Italia, Pietro Raffa – per osservare le conseguenze sulle attività di imprese ed enti”.
La crisi pandemica ha colpito la Sicilia in una fase di sostanziale stagnazione, come confermato dalle stime di Prometeia relative al 2019. . “Alla fine del 2019, il quadro economico-finanziario delle imprese era migliore rispetto al 2011 – ha detto Francesco David, che ha redatto parte del documento assieme a Giuseppe Ciaccio (coordinatore), Cristina Demma, Antonio Lo Nardo e Patrizia Passiglia – perché era cresciuta la redditività, mentre il grado di indebitamento si era ridotto, consentendo alle imprese di avere maggiore disponibilità di liquidità nei propri bilanci”. Sempre alla fine dello scorso anno, le imprese finanziariamente vulnerabili si erano ridotte di oltre il 10 per cento rispetto il 2011. Le misure di distanziamento sociale e la chiusura parziale delle attività nei mesi di marzo e aprile hanno avuto pesanti ripercussioni sull’attività economica nazionale e regionale.
Secondo il report, nella prima parte del 2020 l’attività produttiva ha subito una contrazione significativa a causa del diffondersi della pandemia. Le imprese hanno fronteggiato un drastico calo della domanda interna, che ha determinato una marcata riduzione dei ricavi attesi, soprattutto nel comparto dei servizi privati non finanziari. Per quanto riguarda le famiglie, dal punto di vista finanziario risulterebbero più resistenti alla congiuntura sfavorevole rispetto ai precedenti episodi di crisi. Alla fine del primo trimestre del 2020 i depositi bancari, che rappresentano la parte prevalente del risparmio, sono ancora cresciuti mentre si è registrato un forte calo del valore dei titoli a custodia detenuti dai risparmiatori, per le tensioni sui mercati innescate dal diffondersi della pandemia.
Rimane comunque una profonda debolezza delle famiglie: la disuguaglianza dei redditi da lavoro, aumentata a seguito delle precedenti crisi, rimane elevata a causa del persistere di una maggiore incidenza di nuclei attivi senza reddito da lavoro. A questa si accompagnano ampi divari rispetto al resto del Paese in ambito sociale e ambientale, non colmati negli ultimi dieci anni. La quota di famiglie in povertà assoluta è al 12 per cento, maggiore rispetto alla media italiana (7 per cento), rischia di aumentare ulteriormente a seguito degli impatti dell’emergenza sanitaria.
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