Andremo a votare con la “supercazzola elettorale.  Quasi nessuno comprende sul serio come funziona la legge elettorale, se ne avrà correttamente coscienza dopo il 4 marzo perché alla fine questa legge avrà un riscontro numerico.

Avevamo iniziato a raccontare l’avvio di questa campagna elettorale che terminerà il prossimo 4 marzo sulla strana carenza di poster, nelle nostre città, e sull’eccesso di photoshop utilizzato in qualche caso dai nostri leader politici.

Adesso ci soffermiamo ad osservare il comportamento tipico del nostro candidato, qualunque sia il partito o schieramento politico di appartenenza.

I candidati, sia alla camera che al senato, in tutti i collegi,  sono guidati, in campagna elettorale,  dai leader di partito, nazionali e locali,  che prima li hanno premiati nella fase di assegnazione dei collegi elettorali (o condannati ad una morte più lenta in un collegio che non si sa bene che risultati potrà produrre) e adesso danno indicazioni e suggerimenti sul fronte della comunicazione, raccomandazioni utili a produrre consenso alle urne evitando errori o contestazioni.

La parola d’ordine è una soltanto: fare apporre la x sul simbolo, e basta!

C’è la lettera di Berlusconi ai candidati di Forza Italia  che parla chiaro, e l’ex Cav se ne intende bene di comunicazione elettorale vincente.  E c’è quanto riferisce sottovoce qualche protagonista di riunioni organizzative di collegio. “Non dobbiamo fare nulla, possiamo fare solo danni spingendo sul nome del candidato, creando consenso elettorale personale“. E’ questa, su tutti fronti, l’indicazione perentoria ricevuta dal leader di partito.

Ci sono posizioni incerte da tutte le parti ma anche posizioni blindate ben distribuite. E i candidati in campagna elettorale che non devono fare nulla e non hanno nulla da fare e sono spesso capolista di simboli che fino a qualche tempo fa non erano poi così vicini alle loro apparenti idee politiche, non hanno l’imbarazzo di doversi esprimere troppo apertamente, non devono comunicare troppo o devono farlo con sobria parsimonia.

Questo è il caso ad esempio di Fabio Giambrone, capolista nel plurinominale alla Camera per il PD a Palermo, per il quale circola in giro la battuta secondo la quale avrebbe dovuto candidarsi con i Verdi perché è “il solo che ride” essendo stato catapultato, dalla sera  alla mattina, dalla poltrona di presidente di Gesap a quella di deputato quasi sicuro in rappresentanza  di un Leoluca Orlando fulminato sulla via di Damasco e del PD. C’è poco da fare per il senatore Giambrone che dovrebbe fare campagna elettorale per un simbolo che ancora stenta a riconoscere come proprio per le diverse vicissitudini del suo leader e del suo movimento, negli ultimi anni.

Altro è il caso del Senatore Schifani, capolista nel plurinominale al senato di Forza Italia sempre a Palermo. Anche lui ha poco da doversi impegnare per riportarsi su uno scranno di Palazzo Madama e  forse annoiato da una campagna elettorale moscia e giocata sul velluto per il suo partito, si ritrova a surfare  sui social network inciampando in un like  curioso: nei giorni scorsi ha messo un mi piace sul tweet di presentazione delle liste di Noi Con l’Italia in Lombardia dove è capolista Simona Vicari. E’ noto che i rapporti tra i due non siano i migliori come è stato il tempo in cui entrambi sostenevano il governo Renzi.


Sarebbe lecito immaginare che si possa trattare di prove di riavvicinamento verso il centro da parte dell’ex Presidente del Senato già fondatore del Nuovo Centro Destra di Angelino Alfano prima di rientrare in Forza Italia a sostegno di Gianfranco Miccichè.

Noi pensiamo invece che si tratti di semplice e candida libertà di agire da parte di coloro che avendo la ragionevole certezza dell’elezione hanno poco impegno da dover esprimere nelle faccende che erano considerate tipiche di una campagna elettorale gagliarda.

Ma è tutta colpa della legge elettorale, una legge che fa finta di farci esprimere delle preferenze mentre ci porta a preferire soltanto un partito e le scelte che i leader hanno fatto per conto nostro negli ambienti riservati delle segrete stanze del potere.

Saranno pochi i santini, ancora non se ne vedono in giro, poca la pubblicità, poche le cene e le feste elettorali. Non occorre nulla in tal senso per andare a vincere un posto al sole. E poi per tutte le necessità ci sono i social network,  c’è Facebook, “che ci vuole a conquistare voti sui social network”? Sembrano crederci sul serio e tutti si muovono in questo senso.