In Sicilia nel corso dei prossimi 5 anni l’occupazione crescerà dello 0,5% l’anno. Sono le stime del rapporto dell’Osservatorio Banche e Imprese di Economia e Finanza su tutte le province meridionali presentato in Senato. Tra il 2019 e il 2023 nell’Isola tenderà ad incrementare dello 0,6% all’anno anche il valore aggiunto.

A livello occupazionale, è Palermo a guidare la classifica con +0,9%, seguita dalle province di Catania e Messina (+0,5%), Trapani (+0,4%), Enna e Ragusa (+0,3%), Agrigento e Caltanissetta (+0,1%) e Siracusa con variazione nulla. Palermo è anche la città che crescerà maggiormente nei cinque anni dal punto di vista del valore aggiunto (+0,9%), seguito dalle province di Catania e Ragusa (+0,7%), Enna (+0,6%), Caltanissetta (+0,3), Messina, Siracusa e Trapani (+0,2%) e Agrigento con una crescita nulla.

La Sicilia è tra quelle che registreranno una crescita più lenta rispetto alle altre regioni del Meridione. Nel dettaglio, saranno Calabria, Campania e Sardegna a registrare la crescita annua maggiore del valore aggiunto (+0,7%) e Basilicata e Calabria quella dell’occupazione (+0,8%) (Fonte: stime OBI elaborate sulla base di dati disponibili a ottobre 2018).

A livello di macro-area continuerà a scendere il contributo del Mezzogiorno all’economia italiana; se nel 2000 il 24,7% del valore aggiunto nazionale era prodotto nelle regioni del Sud Italia, nel 2018 questo contributo si è fermato al 22,8% con una stima per il 2023 fissata al 22,6%. Un crollo di oltre due punti percentuali in 20 anni, causa, ma anche effetto, delle negative dinamiche socioeconomiche registrate nel Mezzogiorno in questi anni, tra le quali il calo dell’occupazione (dal 46,3% del 2004 al 44,5% del 2018) e la crescente migrazione di giovani del Sud (negli ultimi 16 anni quasi 600.000).

Intanto aumenta il divario Nord-Sud. “Il Sud va posto al centro degli obiettivi economici dell’Italia – dichiara Salvatore Matarrese presidente dell’OBI -, attuando un programma coordinato ed integrato di investimenti con un’unica cabina di regia, che potrebbe essere l’Agenzia di Coesione. Alla luce degli ultimi pessimi dati sulla spesa delle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione, meno del 5% a due anni dalla scadenza del programma, si conduca una ricognizione su tutti i finanziamenti stanziati e disponibili per le infrastrutture nel Mezzogiorno per sbloccarli e attuarli con leggi speciali, come già fatto al Nord per altre opere”.

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