Il processo sulla tragedia di Ivana Mercurio, la ragazzina di 13 anni che si è tolta la vita nel quartiere Brancaccio, 28 anni fa è finito in questi giorni in Tv.
Ivana Mercurio, secondogenita di un venditore ambulante di sarde, che la sera del 7 marzo 1992 si lanciò dall’ottavo piano della sua casa popolare.
Il processo relativo alla vicenda è stato affrontato in due puntate da Rai3, attraverso il programma “Un Giorno in Pretura”, che ieri sera – per la seconda e ultima parte della storia – ha richiamato l’attenzione di 1.166.000 spettatori con il 4,4% di share.
In tv sono state trasmesse le fasi salienti del processo, risalente ai primi anni dello scorso decennio (2011-12-13). Una vicenda di degrado e disperazione. Oscuri e invincibili dolori.
Sul banco degli imputati Michele Mercurio, il papà della ragazzina, accusato di maltrattamenti in famiglia che hanno portato al suicidio della figlia.
“Facciamo giustizia a questa ragazza”: è stato l’appello di Alessia Sinatra, pubblico ministero, a Massimiliano Mercurio, fratello della vittima. Ed è stato proprio il racconto di Massimiliano prima e Fabio (l’altro fratello) poi, a descrivere la tragica serata, che ha permesso nel 2002 la riapertura del caso. Qualche anno prima però, nel 1997, la sorella aveva già raccontato a scuola che “Ivana è volata giù perché stava scappando da papà”.
Il pm aveva chiesto 18 anni di carcere per il padre che, secondo le indagini, avrebbe picchiato la figlia e quella sera l’avrebbe inseguita con un coltello.
Disperata la ragazzina avrebbe deciso di togliersi la vita. A poco a poco il muro di omertà è stato sgretolato. E dopo tanti silenzi, e poche ammissioni, comprese quelle dei parenti che erano in casa quella sera, degli amici di famiglia e dei vicini, il caso è stato arricchito a poco a poco di particolari e dettagli. Dopo alcuni dietrofront e ritrattazioni la svolta nel processo, come è emerso ieri sera, è arrivata quando in Procura è giunta la lettera di un compagno di cella del giovane che ha annunciato rivelazioni.
Alla fine – siamo nel 2013 – il verdetto: reato prescritto per il padre. Michele Mercurio non è stato così punito per i maltrattamenti in famiglia che avrebbero spinto la figlia Ivana al suicidio. La Corte d’Assise ha dato ragione agli avvocati di Mercurio, che avevano individuato il termine di prescrizione del reato al 2007.
Gli insegnanti all’epoca avvertirono i magistrati, ma l’inchiesta avviata dalla Procura venne archiviata perché i familiari negarono di avere subito violenze.
“Ivana veniva sempre picchiata e mai portata in ospedale, nonostante le ferite – ha spiegato Massimilano Mercurio durante un’udienza -. Quella sera mio padre, dopo l’ennesima lite, prese un coltello di quelli che si usano per tagliare l’anguria, molto lungo e affilato. Poi inseguì Ivana che andò in veranda, aprì la porta e lei si buttò dal nono piano”.
Quando nel luglio 2013 arrivò il verdetto della Corte d’Assise, Michele Mercurio si trovava già in carcere da qualche settimana per aver accoltellato la convivente tunisina al mercato di Ballarò.
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