Che i giornalisti siano scomodi per i mafiosi è cosa risaputa, ma spesso lo sono anche per i politici e non soltanto. Per questo è il caso di dire che non è ancora chiaro quale sia il rapporto fra stampa e istituzioni nella lotta a Cosa Nostra. Un lungo dibattito stamani, 25 febbraio, ha cercato di chiarire i punti oscuri della faccenda davanti alla commissione Antimafia dell’Assemblea regionale siciliana, presieduta da Antonello Cracolici, riunita nella sede dell’ordine dei giornalisti con la partecipazione dei vertici e dai redattori di punta della principali testate giornalistiche siciliane invitati proprio dall’Antimafia.
A dare il la al dibattito la necessaria solidarietà al cronista di Repubblica Salvo Palazzolo destinatario di minacce. Sullo sfondo del complesso residenziale dove il boss Totò Riina ha trascorso gli ultimi anni della sua latitanza, una delle cui villette è ormai diventata sede dell’Ordine dei giornalisti siciliani, l’attenzione è stata rivolta alla libertà di stampa e il diritto di cronaca.
“In Sicilia continua a svolgersi un’attività in cui la politica incrocia la criminalità nei territori – dichiara Antonello Cracolici, presidente della commissione regionale Antimafia – Non so chi cerca chi e mi importa poco, ma quello che è più drammatico è che Cosa nostra, attraverso i suoi referenti territoriali, ha sempre avuto l’interesse di costruire un sistema di relazioni. La differenza tra criminalità e mafia è proprio la capacità di intessere relazioni con tutto il sistema pubblico e istituzionale: attraverso questo condizionamento si crea un valore reputazionale attrattivo per tutti coloro che si rivolgono ai mafiosi per risolvere i propri problemi”.
Focus sulla criminalità e la libertà di stampa
Negli ultimi mesi numerosi cronisti siciliani si sono trovati a dover affrontare minacce e pressioni, testimonianza di un clima ancora difficile per chi svolge un lavoro fondamentale per la legalità. Il rapporto tra mafia e informazione libera continua ad essere un terreno minato, ciò è stato testimoniato con diversi interventi: oltre alla criminalità organizzata anche alcuni membri della politica cercano di limitarne l’azione attraverso querele temerarie e pressioni istituzionali.
“Abbiamo svolto una mattinata di confronto insieme alla commissione Antimafia – ha dichiarato Roberto Gueli, presidente Ordine dei Giornalisti Sicilia – la professione dei giornalisti è un ruolo che in questo momento da fastidio alla politica, al legislatore, da fastidio e alla mafia. E’ necessario fortificarsi, fare gruppo unito – continua – la categoria deve essere convinta di portare avanti il proprio lavoro. La scorta mediatica va fatta ai colleghi che sono minacciati dalla mafia; il ruolo del giornalista è un ruolo di sentinella ed è fondamentale per il cittadino che sente, legge ascolta e usufruisce della varie fonti informative”.
Operazione Mercurio e l’accusa a Giuseppe Castiglione, il punto della commissione Antimafia
“La commissione Antimafia non è una sorta di luogo dell’immunità o dell’impunità – ha sottolineato Cracolici – per noi quello che è successo è motivo di imbarazzo, ma non abbiamo avuto alcun dubbio nel determinare le condizioni per la decadenza al di là della volontà del nostro componente. Ho saputo che ha intenzione di dimettersi dalla commissione, ma noi avevamo già avviato le procedure per la decadenza”.
Poi ha voluto sostenere il ruolo della stampa: “La lotta alla mafia si fa sul piano repressivo e su questo vediamo che oggi qualcosa non funziona – prosegue Cracolici, – I magistrati stessi hanno denunciato quello che succede dentro le carceri: oggi la cupola, più che essere un luogo fisico, rischia di diventare la chat di un telefonino. In alcuni casi il carcere costituisce un salto di carriera, ma quando attraverso l’informazione viene messa a fuoco l’attività della criminalità nei territori questo viene considerato ancora più pericoloso. È giusto che io oggi sia qui a sostenere il lavoro dei giornalisti, sia di coloro che lo fanno per professione sia di quei ragazzi che si stanno avviando alla professione e provano a fare del giornalismo un atto di libertà“.
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