Il licenziamento è legittimo per quelle molestie, in cassazione un palermitano subisce la conferma del provvedimento del suo datore di lavoro. Il caso riguarda un impiegato a capo del personale di una fondazione che opera nel settore del teatro. Il suo datore di lavoro lo cacciò su due piedi dopo aver saputo che il dipendente aveva toccato il fondoschiena di una collega e aveva fatto apprezzamenti sul sedere di un’altra. In primo grado il tribunale di Palermo aveva annullato la decisione, in appello sentenza ribaltata e adesso in cassazione viene confermata come riporta Il Giornale di Sicilia.

Le tesi difensive

Il lavoratore licenziato aveva presentato delle tesi difensive che però non hanno retto. Anzitutto ha sostenuto che non avrebbe voluto toccare il fondoschiena di una collega ma semmai la sua schiena, fu un errore non voluto. Riguardo poi all’apprezzamento per il sedere di un’altra collega, ha sostenuto che era un atto di goliardia e che non aveva alcuna intenzione di mortificare nessuno.

I motivi della cassazione

La cassazione però ha respinto entrambi i tentativi di difesa dell’impiegato licenziato. Ricostruendo il contesto del luogo di lavoro, ii giudici della suprema corte hanno evidenziato la mancanza di rispetto e professionalità avuta dal capo del personale. Sia nel toccare il sedere di una collega, sia nel fare apprezzamenti oltretutto nei confronti di persone con cui si davano del “lei”. Per la cassazione ci sarebbe stato un atteggiamento con “disvalore sociale” e una “lesione del vincolo fiduciario”.

Il caso all’Unipa

A proposito di molestie un caso esplose nel dicembre dello scorso anno all’università di Palermo. Emerse attraverso il blog dell’ateneo gestito dagli studenti. Una studentessa, in una lettera anonima, denunciò attraverso Younipa di essere finita in un “lista di studentesse dalle migliori prestazioni sessuali”. A redigerla sarebbe stato, sempre secondo il racconto della giovane, un dottorando di ricerca del dipartimento di Economia di Unipa attraverso dei gruppi WhatsApp. Venne aperta un’indagine interna e il colpevole si fece avanti e chiese anche scusa pubblicamente.

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