Ma dov’è Vittorio Colao? Cosa fa Vittorio Colao? L’ex amministratore delegato di Vodafone, commissario in raddoppio di Domenico Arcuri (guai a toccarlo, sennò il presidente del consiglio, Giuseppe Conte sbrocca) è scomparso. O meglio lavora nel “buio delle tenebre”, per citare il presidente di cui sopra.

Quale sia il suo ruolo, in pochi l’hanno capito. E infatti nelle cronache dei giornali si merita giusto qualche titoletto. La sua Task force – sei gruppi di lavoro integrati dalla nomina in corner di cinque donne per garantire quella parità di genere che si tira fuori solo in occasione della festa delle invisibili – ha finora prodotto due documenti. L’ultimo, un report di midterm, illustrato sabato pomeriggio in videoconferenza proprio da Colao a Conte. Che, raccontano i presenti, era distratto. Impegnato forse a limare gli accordi, gli articoletti, le regoline che avrebbe dovuto discutere da lì a poco con i rappresentanti delle regioni per il famoso decreto, l’ennesimo Dpcm che ha sancito oggi la riapertura senza limiti – tranne le distanze fisiche – del sistema Paese in tutte le regioni.

Quelle regioni sulla cui ripartenza, sulle modalità, sulle regole, sulle priorità produttive, avrebbero dovuto consigliare proprio gli esperti diretti da Colao. Che, già a metà aprile scorso, quando la Lombardia nonostante i numeri da capogiro che la fanno essere la prima della classe in una classifica di demerito nel contenimento del contagio da Covid 19 aveva avanzato la richiesta di riaprire le proprie attività produttive, pare abbia detto: “E noi che ci stiamo a fare?”. Poco o nulla, in effetti. Almeno così sembrerebbe. Perché la Fase 2.1 – quella che ha consentito il primo allentamento delle regole del 4 maggio scorso – ha preso le mosse e pochi lo sanno dalle 4 pagine di documenti del primo report Colao.

L’altro studio consegnato al distratto premier invece, disegna una prospettiva di medio e lungo termine con un altro obiettivo prefissato: “Ammodernare i modelli commerciali delle nostre imprese, aprire gli spazi del mondo del lavoro alle donne, ridurre le fasce di sommerso, creando nuove condizioni e modelli organizzativi del lavoro, tenendo presente la sostenibilità”. Parole. Che reclamano sostanza. Non c’è dubbio. E che delineano un quadro di riferimento programmatico. Parole anche queste. Cosa vuol dire? E’ un programma di governo. Ed è chiaro che al primo ministro non piacciano. Tanto più che la nomina di Vittorio Colao è stata imposta dall’alto. E a lui non era gradita. Tanto che adesso si guarda al 7 giugno, data in cui l’incarico di Colao scade. Sembra improbabile che la volontà di Conte sia di prorogare la nomina. E sembra improbabile, in queste stesse condizioni, che Colao accetti se il suo ruolo non sarà maggiormente, e pubblicamente, sostenuto. Tuttavia il programma c’è. Ed è un programma di governo. Buono anche per dopo.

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