I patriarchi mafiosi erano tornati a dettare legge in diversi mandamenti della provincia di Palermo, tra Partinico e Carini. Con il loro ingombrante peso del passato riuscivano ancora ad incutere timore e persino a imprenditori emigrati in America. Il tutto grazie ad un riallacciato contatto tra Palermo e New York con altri emigrati siciliani vicini alla mafia. Sono questi i contorni dell’operazione che si è sviluppata all’alba tra Palermo e New York che ha visto la collaborazione tra Fbi e polizia. Questa mattina conferenza stampa alla questura di Palermo, che ha collaborato in questa operazione interagendo con l’Fbi.

La risvegliata attività

Ad essere stata dimostrata “l’ultrattività” del  mandamento mafioso di Partinico, storicamente legato al boss Vito Vitale. Un’ascesa al vertice, risalente agli anni ‘90, che venne supportata dai “corleonesi” di Totò Riina. Le indagini hanno documentato, in particolare, la cifra criminale di alcuni anziani della famiglia mafiosa di “Torretta” già emersi sullo sfondo delle storiche inchieste meglio conosciute come “Pizza Connection” e “Iron Tower”.

I nomi degli arresti nel Palermitano

I 7 arrestati a Palermo dalla polizia sono nomi di spicco. Tra tutti emerge quello dello storico boss di Borgetto Francesco “Ciccio” Rappa, 81 anni, in passato già arrestato per mafia. Secondo l’accusa avrebbe assunto la reggenza del mandamento di Borgetto, collegato a quello di Partinico, creando un collegamento con Cosa nostra americana. Avrebbe con la violenza acquisito il controllo di attività economiche. Figurano poi Giacomo Palazzolo, 76 anni di Balestrate, Giovan Battista Badalamenti, 69 anni di Torretta, due omonimi, Salvatore Prestigiacomo classe ’73 e classe ’79 entrambi palermitani, Isacco Urso, 40 anni di Verbania, e Maria Caruso, 39 anni d Palermo.

Il fronte americano

Ad emergere, sul fronte americano, anche il ruolo di alcuni esponenti di spicco de “La Cosa Nostra Americana” (Lca) legati al noto boss Frank Calì, assassinato per futili motivi nel marzo 2019. In tale ambito, è stata accertata la solidità dei rapporti esistenti tra le due consorterie sull’asse Usa-Italia, emergendo l’interessamento americano per le vicende organizzative di cosa nostra siciliana. Ad emergere anche una serie di dinamiche legate alla reggenza del mandamento mafioso di Partinico.

Le origini dell’inchiesta

L’operazione si inserisce in origine in più vasto contesto investigativo ed esecutivo che ha visto il coinvolgimento di investigatori della polizia di Stato e del Federal Bureau of Investigation. Si è dato vita ad una complessa ed articolata indagine avviata sui componenti della famiglia Gambino di New York ed alcuni referenti italiani dello stesso sodalizio ancora attivi in Sicilia. Oltre ai 7 palermitani si aggiungono ulteriori 10 soggetti residenti in America, indagati per associazione per delinquere, estorsione, incendio doloso, cospirazione e turbativa d’asta.

Cosa accadeva in America

Le risultanze sviluppate sul fronte estero dall’Fbi hanno documentato una variegata serie di condotte estorsive attuate nel settore dei cantieri edili della Grande Mela dagli arrestati. I clan si avvalevano anche della manovalanza delle gangs metropolitane locali. Alcuni degli indagati di origine italiana hanno peraltro evocato pregressi episodi di estorsione in danno di ristoratori di origini siciliane insediati a New York. In tal senso c’è stata l’intermediazione degli affiliati in Sicilia, in grado di esercitare pressioni nei confronti dei familiari delle stesse vittime tuttora residenti nell’area del mandamento di Partinico.

L’“esportazione” dei metodi violenti

Il collegamento tra cosa nostra americana e quella siciliana si è quindi sostanziato anche della trasposizione negli Usa del “metodo” estorsivo. E’ stato suggerito da un anziano boss partinicese, laddove gli indagati americani si convincevano dell’opportunità di accontentarsi di somme più esigue. Volevano abbandonare le azioni cruente demandate alle gangs, allo scopo di fidelizzare gli estorti nella vantaggiosa prospettiva di un più “morbido” e duraturo assoggettamento. Ci sarebbe stata anche la gestione di un fiorente traffico di stupefacenti e la messa in campo di reati predatori “autorizzati” dal reggente locale.

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