Un nuovo approccio alle malattie neurologiche con l’obiettivo di garantire e tutelare il diritto alla salute: è stato questo il tema del secondo congresso nazionale della Società italiana di Medicina di Genere nelle Neuroscienze (Si.Me.Ge.N) che si è tenuto ieri a Palermo a Villa Magnisi, sede dell’Ordine dei Medici.

Gli argomenti affrontati

Sono stati esaminati gli aspetti clinici, le complicanze e gli eventi avversi responsabili degli accessi in pronto soccorso delle persone con cefalea emicranica, sclerosi multipla, parkinson, demenza e depressione. Affrontato inoltre il tema della gestione dei pazienti con ictus giovanile e da cause rare.

Neurologia d’urgenza e della prevenzione

Si è parlato di neurologia d’urgenza e neurologia della prevenzione, nonché della corretta “presa in cura” dell’ammalato.

Differenze tra i pazienti

Le cure appropriate non possono prescindere dalle differenze biologiche delle persone, dalle loro fasce d’età e dal contesto socio-culturale responsabile dei differenti stili di vita, tutti aspetti determinanti dello stato di salute di un soggetto.

Il paziente al centro

Una nuova visione trasversale, dunque, di approccio all’utenza, che tiene conto del sesso dei pazienti. Come ha osservato il dottor Domenico Gullo: “Si tratta di un approccio che finalmente lascia una visione androcentrica della medicina. Parliamo di una applicazione di precisione sul singolo paziente; ogni paziente è al centro dell’attenzione, è unico e non uguale ad altri. Una visione rivoluzionaria della medicina che sta prendendo piede e che vede la Sicilia come regione virtuosa nel panorama nazionale”.

Il Covid19

La dottoressa Maria Vittoria Calloni, neurologa in servizio all’ospedale di Legnano, ha parlato di encefaliti e poliradicolonevriti in corso di Covid19 in pronto soccorso, raccontando l’esperienza della sanità lombarda. “Come gruppo di lavoro – ha spiegato – abbiamo sviluppato degli studi riguardanti queste due patologie per le quali abbiamo notato differenze di sesso e di genere. Le poliradicolonevriti sembrano prevalenti negli uomini, invece le encefaliti hanno pari incidenza. Sappiamo però che in generale il Covid19 si manifesta in maniera più grave negli uomini, e che questi ultimi muoiono di più rispetto alle donne. Anche l’aspetto sociale e culturale è diverso per genere: l’impatto più grosso della malattia l’hanno subito le donne caregiver ma non solo. Tutte le donne sono state messe di fronte a una gravissima pandemia che ha coinvolto le loro famiglie, hanno dovuto seguire i figli, hanno lavorato in smart working. Anche negli ospedali, la maggior parte del personale che si è occupato di assistenza è stato in prevalenza costituito da donne. Quindi le donne sono state più esposte al virus, dovendo sobbarcarsi un carico emotivo e psicologico estremamente rilevante”.

Curare le persone

Il congresso si è focalizzato sulla “neurologia di precisione”, personalizzata, in modo da tenere conto delle differenze di sesso e genere nelle malattie. Come ha chiarito la dottoressa Marina Rizzo, presidente di Si.Me.Ge.N: “Non possiamo più considerare le malattie uguali per uomini e donne perché gli aspetti biologici legati agli ormoni sessuali determinano modifiche nell’esordio delle malattie, nella evoluzione, nella risposta ai farmaci. Ancora oggi sono poche le donne inserite nei trials clinici, nonostante gli eventi avversi da farmaci siano più frequenti nelle donne. In questo convegno si parla di complicanze ma anche di come prevenirle, come prendere in carico le persone. Noi non curiamo più solo le malattie ma curiamo le persone. E con un approccio multidisciplinare e l’attenzione alle diversità cerchiamo di evitare le complicanze e quindi fare prevenzione”.

Gli ictus

Valeria Caso, dirigente medico alla Stroke Unit dell’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia ha parlato degli ictus spiegando: “Nell’uomo e nella donna ci sono differenze. Nelle donne abbiamo una più alta prevalenza, negli uomini una più alta incidenza”.

L’importanza del non essere soli

Angela Zummo, presidente di Associazione Apis – Parkinson in Sicilia ha raccontato la sua esperienza ventennale a fianco del marito malato e l’impegno costante dell’associazione. “Il malato e la famiglia – ha evidenziato – si trovano a dover affrontare una situazione nuova, che non conoscono. Il rischio di cadere in depressione è forte, sia per il paziente che per la sua famiglia. I primi a farsi carico dei malati sono i familiari, ed è chiaro che devono avere un appoggio, altrimenti non ce la fanno. La cosa importante è non isolarsi e chiedere aiuto, l’associazione esiste proprio per aiutare chi affronta la malattia”.

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