Carcere duro per il boss. Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha firmato questa mattina il 41bis per Matteo Messina Denaro. Il boss di Cosa Nostra è stato catturato ieri dai carabinieri del Ros, presso la clinica La Maddalena di Palermo dopo 30 anni di latitanza.

Dopo la cattura di Riina, trent’anni di dominio

Dal 1993, anno in cui venne catturato il Capo dei Capi, ‘U siccu’, questo il soprannome di Messina Denaro, era divenuto il boss più potente di Cosa Nostra, nonché uno dei latitanti più pericolosi e ricercati al mondo.

Capo del mandamento di Castelvetrano, era riuscito a esercitare la propria influenza anche al di fuori della provincia di Trapani, spingendosi non solo in quella di Agrigento, ma anche in quella di Palermo. Ed è qui che i carabinieri sono riusciti a consegnarlo alla giustizia, in un’operazione condotta all’interno di una clinica privata nella quale si stava sottoponendo a delle cure.

Messina Denaro è figlio del vecchio capomafia di Castelvetrano Ciccio, storico alleato dei corleonesi di Totò Riina. Era latitante dall’estate del 1993. In una lettera scritta alla fidanzata dell’epoca, Angela, dopo le stragi mafiose di Roma, Milano e Firenze, preannunciò l’inizio della sua vita da “primula rossa”. “Sentirai parlare di me – le scrisse, facendo intendere di essere a conoscenza che di lì a poco il suo nome sarebbe stato associato a gravi fatti di sangue -. Mi dipingeranno come un diavolo, ma sono tutte falsità”.

Denaro tra i più favorevoli alla strategia della dinamite

Dopo l’arresto di Riina, Messina Denaro fu tra i più favorevoli alla continuazione della strategia della dinamite e fornì un proprio uomo al commando che si rese protagonista degli attentati dinamitardi di Firenze, Milano e Roma. Fu sempre Messina Denaro a organizzare l’attentato fallito ai danni di Totuccio Contorno, quindi nel 1993 inizia a tutti gli effetti la sua latitanza.

Lo annunciò alla sua fidanzata, Angela, chiedendole di non credere alle stragi e ai fatti di sangue che gli sarebbero stati addebitati dai media. Condannato all’ergastolo per diversi omicidi, tra questi quello di Giuseppe Di Matteo, il bambino sciolto nell’acido per punire un pentito, è stato riconosciuto colpevole per le stragi in cui persero la vita i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Associazione mafiosa, omicidio, strage, devastazione

Nei suoi confronti venne emesso un mandato di cattura per associazione mafiosa, omicidio, strage, devastazione, detenzione e porto di materiale esplosivo, furto e altri reati minori. Nel corso degli anni, Matteo Messina Denaro era diventato sempre più sfuggente, unico e ultimo boss di questo rilievo ancora ricercato in Italia.

Trovato il covo

I carabinieri del Ros e la procura di Palermo hanno individuato il covo del boss. Si trova a Campobello di Mazara, nel trapanese, paese del favoreggiatore Giovanni Luppino, finito in manette insieme al capomafia. Il nascondiglio, secondo quanto si apprende, è nel centro abitato. Le ricerche sono state coordinate dal procuratore aggiunto Paolo Guido.

Area identificata nella notte

Il covo di Messina Denaro gli investigatori lo hanno identificato nella notte ripercorrendo la mattina di ieri del boss arrestato.

La zona di Campobello di Mazara e Castelvetrano è battuta fin dai momenti immediatamente successivi all’arresto palmo a palmo dai carabinieri che hanno, in alcuni tratti usato anche delle ruspe nelle ricerche.

La perquisizione

una volta individuato è durata tutta la notte la perquisizione del covo del boss Matteo Messina Denaro, scoperto dai carabinieri del Ros e dalla Procura di Palermo guidata da Maurizio de Lucia dopo ore di ricerche. La casa usata dal boss è stata individuata a Campobello di Mazara. Alla perquisizione ha partecipato personalmente il procuratore aggiunto Paolo Guido che da anni indaga sull’ex latitante di Cosa nostra. L’edificio, che si troverebbe nel centro abitato, è stato setacciato palmo a palmo.

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