La Guardia di Finanza di Palermo ha arrestato 91 tra boss, gregari, estorsori e prestanomi di due storici clan palermitani.
Il maxiblitz, coordinato dalla Dda di Palermo guidata da Francesco Lo Voi, ha colpito i clan dell’Acquasanta e dell’Arenella.
In manette sono finiti esponenti di storiche famiglie mafiose palermitane come quelle dei Ferrante e dei Fontana.
Le accuse contestate sono a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, intestazione fittizia di beni, ricettazione, riciclaggio, traffico di droga, frode sportiva e truffa.
La famiglia Fontana aveva avuto un primo colpo lo scorso anno sempre nel mese di maggio. Adesso una nuova operazione della Guardia di Finanza ha portato in carcere 84 persone.
Tra loro i fratelli Fontana, Gaetano (44 anni), Giovanni (42) e Angelo (40), i figli di Stefano, uno dei fedelissimi del capo dei capi Totò Riina morto nel 2013.
In manette anche la figlia del boss dell’Acquasanta, Rita, e la moglie, Angela Teresi. Ancora In carcere anche Michele e Giovanni Ferrante.
Custodia cautelare in carcere anche per la compagna di Gaetano Fontana, Michela Radogna (non per mafia), per il drappello degli uomini più fidati che agivano agli ordini dei Fontana e per coloro che si occupavano di imporre il pizzo, gestire la raccolta delle scommesse sportive, vendere droga e truccare le corse dei cavalli in giro per l’Italia.
Gli animali sarebbero stati dopati per vincere le gare o i fantini avversari convinti con le minacce a frenare la corsa dei cavalli in maniera che gli uomini dei Fontana andassero all’incasso delle vincite. C’è tutto questo nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari Piergiorgio Morosini.
L’inchiesta, che disarticola due “famiglie” di spicco di Cosa nostra palermitana, ha svelato gli interessi dei clan negli appalti e nelle commesse sui lavori eseguiti ai Cantieri navali di Palermo, nelle attività del mercato ortofrutticolo, nella gestione delle scommesse online e delle slot-machine, oltre che in quella “storica” del traffico di droga e nelle corse dei cavalli.
In questo caso la frode sportiva e il riciclaggio di denaro sporco realizzato attraverso l’acquisito di puledri di razza nell’inchiesta della Finanza che ha portato all’arresto di boss e gregari mafiosi dei clan dell’Arenella e dell’Acquasanta di Palermo.
Cosa nostra investe nel settore dell’ippica e avrebbe truccato gare corse in ippodromi di Torino, Villanova d’Albenga, Siracusa, Milano e Modena.
In particolare dall’inchiesta, che ha portato anche al sequestro di 12 cavalli, è emerso che l’uomo della cosca nel mondo dell’ippica era Mimmo Zanca, già arrestato in passato, e incaricato di gestire la combine all’interno degli ippodromi, corrompendo e minacciando chi si opponeva.
Lunghissima la lista delle attività commerciali sottoposte al racket del pizzo. Sequestrati anche beni del valore di circa 15 milioni di euro. Il blitz è in corso in Sicilia, Lombardia, Piemonte, Liguria, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Marche e Campania.
Impegnati 500 uomini delle Fiamme Gialle, con l’appoggio di un mezzo aereo e di unità cinofile addestrate per la ricerca di armi, stupefacenti e valuta.
Sono nomi noti da decenni agli inquirenti quelli finiti nell’inchiesta della Finanza di Palermo che oggi ha portato a 91 arresti tra boss, gregari ed estortori dei clan dell’Arenella e dell’Acquasanta.
Come i Fontana, “famiglia” storica di Cosa nostra palermitana descritta dal pentito Tommaso Buscetta come una delle più pericolose. Dalle indagini è emerso il ruolo di vertice di Gaetano Fontana, scarcerato per decorrenza dei termini nel 2013 dall’accusa di mafia, tornato in cella nel 2014 e nel 2017 uscito nuovamente dopo aver scontato la pena. Oggi sono stati arrestati anche i fratelli: Giovanni, un lungo elenco di precedenti per ricettazione, omicidio, porto abusivo di armi e resistenza a pubblico ufficiale, e Angelo, dal 2012 sottoposto all’obbligo di soggiorno a Milano.
Per gli inquirenti Gaetano Fontana sarebbe il punto di riferimento indiscusso dei “picciotti” dell’Acquasanta, ruolo che avrebbe mantenuto anche mentre era detenuto.
I Fontana gestivano le imprese che operano nella cantieristica navale, nella produzione e commercializzazione di caffè, e avrebbero il controllo di decine di supermercati, bar e macellerie e del mercato ortofrutticolo, delle scommesse on-line e delle slot machines.
I fratelli Gaetano, Giovanni e Angelo Fontana vivevano da tempo a Milano, ma hanno mantenuto forti interessi nel capoluogo siciliano. Altro personaggio di rilievo dell’indagine è Giovanni Ferrante, braccio operativo del clan Fontana.
Ferrante usava attività commerciali del quartiere per riciclare i soldi sporchi, ordinava estorsioni e imponeva l’acquisto di materie prime e generi di consumo scelti dall’organizzazione. Già condannato per mafia, dal 2016 è stato ammesso all’affidamento in prova ai servizi sociali. Uscito dal carcere, ha consolidato la propria posizione di leader all’interno della famiglia mafiosa e per la gestione degli affari illeciti usava come intermediatrice la compagna, Letizia Cinà.
Molto temuto, modi violenti, in una intercettazione dopo essere stato scarcerato dice: “Oramai non ho più pietà per nessuno! Prima glieli davo con schiaffi, ora glieli do con cazzotti… a colpi di casco… cosa ho in mano… cosa mi viene”. Altro personaggio di spicco è Domenico Passarello, a cui era stata delegata la gestione dei giochi e delle scommesse a distanza, del traffico di stupefacenti, della gestione della cassa e della successiva consegna del denaro ai vertici della famiglia per versamento nella cassa comune.
Quella dei Fontana è la parte di cosa nostra che preferiscono restare defilati. Preferiscono non partecipare alle riunioni della nuova cupola.
E’ quanto hanno svelato le indagini coordinate dal procuratore capo di Palermo Francesco Lo Voi, l’aggiunto Salvatore De Luca e i pm Amelia Luise e Dario Scaletta. Al centro degli affari insospettabili imprenditori e prestanome che gestiscono bar, ristoranti, tabaccherie, supermercati, agenzie di scommesse e pescherie.
Nel blitz di oggi finiscono sotto sequestro beni per circa 15 milioni di euro, fra immobili e attività commerciali (bar, imprese di imballaggi e manutenzioni nautiche, centri di scommesse on line, negozi di frutta verdura e una fabbrica di ghiaccio). Sotto sequestro una dozzina di cavalli spediti a gareggiare in giro per l’Italia.
Alcuni locali sono molto noti e il loro scintillio attira la clientela degli aperitivi alla moda e della buona cucina nelle vie più in della città.
Silvio Guerrera, Vito Galatolo e Sergio Macaluso: tre pentiti conoscono gli affari dei Fontana. Non solo nel settore del caffè – due imprese erano finite sotto sequestro lo scorso anno – ma anche in altre attività su cui ora indagano i finanzieri. In principio c’erano i soldi del capomafia Stefano, accumulati con la droga e il pizzo.
Alla morte del padre l’eredità, soldi sporchi compresi, è passata ai figli Gaetano, Angelo, Giovanni e Rita. Angelo e Gaetano hanno scontato pene per mafia, mentre nella fedina penale di Giovanni ci sono condanne per omicidio doloso e possesso di armi clandestine.
Vito Galatolo, cugino dei Fontana, racconta che “i settori in cui i miei cugini Fontana stavano investendo era prevalentemente quello delle costruzioni” Macaluso aggiunge: “… conosco Giovanni Fontana non come uomo d’onore della famiglia dell’Acquasanta ma come una persona che si comporta come uomo d’onore ritenendo che tutte le attività commerciali che si trovano nella borgata dell’Acquasanta sono di sua diretta competenza”.
Poi traccia il profilo criminale di Giovanni Fontana. Lo definisce “una persona molto prepotente che gira sempre armato; in diverse occasioni so che si relazione con esponenti di altri mandamenti mafiosi del calibro di Paolo Calcagno e Gregorio Di Giovanni…”.
Infine riferisce di avere saputo che “i fratelli Fontana hanno numerose attività commerciali ed interessi economici… ho saputo che avevano la disponibilità di centri scommesse, supermercati, pescherie, non sono a conoscenza se avevano interessi anche della produzione e commercializzazione del caffè…”.
La nuova cupola di Cosa Nostra, nel maggio 2018, si è riunita in una casa nella zona di Passo di Rigano, dove da alcuni anni sono ormai rientrati gli Inzerillo, scappati in America durante la guerra di mafia degli anni Ottanta scatenata dai corleonesi.
Tra gli indagati c’è anche un ex concorrente del Grande Fratello tra gli indagati nell’inchiesta della dda di Palermo sui clan mafiosi dell’Arenella e dell’Acquasanta.
E’ Daniele Santoianni, che ha partecipato alla decima edizione del reality, e che ora è ai domiciliari con l’accusa di essere un prestanome del clan. Santoianni era stato nominato rappresentante legale della Mok Caffè S.r.l., ditta che commerciava in caffè, di fatto nella disponibilità della cosca. “Con ciò – scrive il gip – alimentando la cassa della famiglia dell’Acquasanta e agevolando l’attività dell’associazione mafiosa”.
Commenta con Facebook