Il 4 giugno scorso, con una accorata lettera aperta, aveva sostenuto che su di lui ci sono solo sospetti e che la magistratura sta sbagliando.

Potrebbe finire agli arresti domiciliari il deputato regionale Carmelo Pullara, licatese, 48 anni, dei Popolari e autonomisti, indagato per turbativa d’asta nell’inchiesta “Sorella Sanità” relativa ad un giro di tangenti nella sanità che a maggio ha portato la Guardia di Finanza ad eseguire 10 arresti e due interdittive.

Pullara, che in passato è stato anche manager all’Arnas Civico, ha sempre proclamato la sua innocenza.
Come si legge sul Giornale di Sicilia, il tribunale del Riesame ha accolto l’appello della Procura e ha ordinato gli arresti domiciliari per il deputato, che però ha il diritto di ricorrere in Cassazione, alla quale spetterà la parola definitiva sulla vicenda.

“Non posso crederci – afferma Carmelo Pullara -. Ho assistito personalmente all’udienza e devo dire che tutto mi aspettavo tranne che questa decisione anche perché le argomentazioni portate avanti dalla pubblica accusa in fatti ed atti non risultano vere. Ciò non di meno le decisioni si accettano. Con fiducia attenderò il giudizio della Cassazione sperando di mettere fine a questa per me assurda vicenda”.

Già nel maggio scorso, il pool investigativo coordinato dal procuratore aggiunto Sergio Demontis aveva chiesto i domiciliari per il deputato ma il gip Claudia Rosini li aveva negati a motivo, a suo avviso, dell’insussistenza di gravi indizi di colpevolezza.

Dalle intercettazioni, era emerso però, come sottolineato dai pm Giovanni Antoci e Giacomo Brandini, che nel 2018 Pullara avrebbe cercato di favorire l’azienda Manutencoop, oggi Rekeep, che ha sempre sostenuto di essere estranea alla vicenda. Ma adesso il collegio presieduto da Daniela Vascellaro, a latere Stefania Brambille ed Ettorina Contino, ha disposto la misura cautelare dei domiciliari.

Tra gli arrestati dell’operazione “Sorella Sanità” ci sono anche il manager dell’Asp di Trapani, Fabio Damiani, e l’ex direttore dell’Azienda sanitaria di Palermo, Antonio Candela.
Le mazzette incassate da faccendieri e funzionari pubblici riguardano appalti per un importo complessivo di circa 600 milioni di euro.

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