Non mi piace per niente la piega che sta prendendo il rapporto tra il governo centrale e la Sicilia. Sono convinto che il governo centrale avrebbe dovuto scegliere altre strade per dialogare con la nostra Regione. Il dato di fatto è di semplice lettura.
Il presidente Musumeci ha provato a chiudere i porti siciliani agli sbarchi clandestini. Sbaglia chi vuol leggere questa mossa come una manovra politica. Siamo o non siamo di fronte a un’emergenza sanitaria? Qua non si tratta di razzismo o discriminazione. La Sicilia – per storia, cultura e tradizione- è la terra dell’accoglienza al centro del Mediterraneo. Ma non possiamo far finta di non sapere che dietro quegli sbarchi continui operano sistemi criminali più o meno complessi. E non possiamo far finta di non sapere che quelle poveri genti in perenne viaggio, non sono sottoposte ad alcun controllo sanitario, se non al momento di toccare il suolo italiano.
Ancora oggi, il governo centrale difende la sua posizione, sostenendo che la pressione migratoria da Libia e Tunisia non possa essere definita un’emergenza. Io credo invece che lo sia: ogni volta che un migrante sale a bordo di un barcone per traversare il canale di Sicilia rischia la vita. Ed è un’emergenza da contenere. Se sommiamo il rispetto per la vita umana e l’alert per il covid 2019, appare evidente che il laissez faire del governo centrale è un rischio altissimo: politico, umanitario e sanitario.
Di fronte alla Sicilia che richiedeva attenzione, di fronte al dramma di migliaia di migranti obbligati a imbarcarsi sulle rotte della morte, Palazzo Chigi ha scelto la strada delle carte bollate. Questa prassi a me sembra uno schiaffo al sentire della gente comune, un finto sostegno alla causa dei migranti e una dimostrazione di machismo politico di cui, onestamente, non se ne sente proprio il bisogno.
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