Tutto pronto per la mostra The Golden Calf che domani, sabato 30 luglio, sarà presentata in anteprima alla stampa alle 10.30 al Palazzo Reale. Saranno presenti, oltre all’artista Ryan Mendoza, Gianfranco Miccichè, presidente della Fondazione Federico II, Patrizia Monterosso, direttore generale della Fondazione Federico II, Cristina Costanzo, docente di storia dell’arte contemporanea dell’Università di Palermo, Paola Nicita, Gianluca Collica (per la Fondazione Brodbeck) e Paolo Giulierini, direttore del Mann (quest’ultimo in collegamento da remoto).
La mostra curata dalla Fondazione Federico II
Curata dalla Fondazione Federico II col patrocinio del ministero della Cultura, il percorso di costruzione della mostra ha visto la preziosa e costante collaborazione della Fondazione Brodbeck. La Fondazione Morra Greco ha gentilmente prestato alcune opere. Preziose e proficue anche le collaborazioni con il Mann (Museo Archeologico Nazionale di Napoli), con il Mausoleo di Cecilia Metella, Castrum Caetani (Parco Archeologico dell’Appia Antica) a Roma, con il Sistema Museale dell’Università di Palermo (Palazzo Chiaramonte Steri e Orto Botanico) e con l’Accademia di Belle Arti di Catania.
L’apertura al pubblico dal 31 luglio
La mostra aprirà al pubblico da domenica 31 luglio. Informazioni su www.thegoldencalf.it
Uno sguardo crudo e aperto sul mondo
Dalle stanze, dal giardino, dal cortile di Palazzo Reale le opere di Ryan Mendoza urlano la verità senza mai arretrare per compiacere il pubblico. Anche il lungimirante Federico II probabilmente avrebbe apprezzato questo sguardo crudo e aperto sul mondo.
“The Golden Calf” non è un prodotto, è il risultato autentico di un percorso concettuale durato tre anni.
L’artista cosmopolita Mendoza sceglie la via dell’anti-narrazione
L’artista cittadino del mondo, con un passato tra New York, Berlino e Napoli, per tre anni ha lavorato dai piedi dell’Etna sempre in contatto con la Fondazione Federico II a Palermo. Inutile cercare una trama: per frantumare ogni staticità di significato, Mendoza sceglie di disgregare, sceglie la via dell’anti-narrazione. La vera trama è la non trama. Opere che vanno oltre le immagini, che occludono il significato reale del mondo declinato dall’establishment. Oltre i conflitti sedati dall’apparenza di significato-immagini che regolano il nostro respiro senza mai risolvere le ambiguità della società consumistica.
In questo delirio organizzato qualche indizio, o punto di riferimento, si trova in due elementi diametralmente opposti. Il vitello d’oro, che dà il titolo alla mostra, simbolo biblico dei falsi idoli e dell’idolatria, a cui si contrappone il pipistrello: l’antieroe, che per Mendoza include la moltitudine degli emarginati e dei più deboli. Dietro quella forma che i più da sempre guardano con ritrosia, per l’artista c’è probabilmente il corpo delle inquietudini e dei conflitti della società.
Palazzo Reale fabbrica di idee, simbolo di dialogo e contaminazione
Emerge da un lato la voglia di Mendoza di scardinare artisticamente le finzioni dal sistema, dall’altro lato la volontà della Fondazione Federico II di sostenere una visione del Palazzo Reale ancora oggi fabbrica di idee, simbolo del dialogo e della contaminazione come pluralità di pensieri.
L’invito a guardare il “pasticcio”, il mondo che ci circonda
Dietro le opere di Mendoza c’è un respiro da comprendere senza mai giudicare. Bellezza e bruttezza divengono quasi criteri politici e sociali. Quindi può accadere che il rapporto tra normale e mostruoso possa essere rovesciato.
“Look at this mess” rappresenta l’allarme, l’invito a guardare il “pasticcio”, ovvero il mondo che ci circonda, quando ormai non c’è più tempo: tic tac tic tac, un countdown assordante incalza tutti noi. Un pasticcio che fa soffrire l’artista a tal punto da stigmatizzare le opere e se stesso.
Commenta con Facebook