La delibera di giunta è datata 22 giugno ma sul sito ufficiale della Regione nella sezione dedicata a questi documenti è arrivata solo due giorni fa. E’ il documento che il governatore aveva annunciato in ‘Pompa Magna’ con una conferenza stampa proprio del 22 giugno, ovvero all’indomani della conferma del decreto nazionale Enti Locali nel quale sono stati stanziati anche i famigerati 500 milioni di euro per la Sicilia.

La delibera di giunta, dunque, non poteva portare data diversa anche se, in realtà, è stata predisposta solo in seguito. Si tratta di una enunciazione di principi, insomma un atto di indirizzo che dovrà essere trasformato in atto concreto in forme ancora non definite.

Si chiamerà Piano Regionale Povertà, avrà una validità triennale e prevederà come spendere 348 milioni di euro provenienti non dai fondi previsti nel dl Enti Locali ma dall’utilizzo di Fondi Pac residui. Insomma potrà contare su una copertura fittizia ancora esistente solo sulla carta e non deliberata dal Cipe se non come principio (e dunque senza reale liquidità). Dei 348 milioni annunciati e previsti, quindi, ne sono disponibili solo 100 e ne mancano, al liquido, 248.

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L’atto di indirizzo della giunta parte dall’esigenza di riprogrammare l’impiego di 561 milioni e 921 mila euro, somme residue della delibera Cipe 10 del 2015. La delibera di giunta, proposta del presidente della Regione, prende le mosse proprio dalla ripartizione di queste ipotetiche risorse Ma non avendo certezza di riuscire a mettere in pratica una simile strategia nel trasmettere la bozza alla Commissione competente dell’Ars il governo mette nero su bianco alcuni limiti nella lettera che accompagna il provvedimento e rimanda tutto al via libera da parte della Presidenza del consiglio dei Ministri alla proposta di rimodulazione dei fondi Cipe. Insomma il piano andrà poi a Roma e, se approvato, aspetterà i soldi dal Cipe (leggi qui tutte le risorse che vengono assegnate e perché difficilmente il piano potrà concretizzarsi)

Il sostegno al redditto avverrà con voucher e non con trasferimento di risorse economiche dirette. Insomma niente soldi nelle mani dei richiedenti. I ‘buoni’ potranno essere utilizzati anche per acquistare servizi sociali o agevolazioni nel pagamento delle utenze domestiche, o di altri servizi necessari alla persona, per il trasporto pubblico, per le tasse scolastiche, per l’acquisto di libri e materiali didattici, per i servizi sanitari necessari ma non coperti dal SSn, per le assistenze speciali.

Chi chiede l’accesso a questi benefici non potrà, però, sottrarsi all’iscrizione alle liste di collocamento e potrebbe avere priorità nell’inserimento lavorativo. si studia la perdita dei benefici per chi dovesse rifiutare una eventuale occupazione che gli venga offerta.

Esclusi dai benefici anche i cittadini che non risiedano in Italia da almeno due anni. Ma nonostante all’Ars siano convinti che tutto questo debba passare attraverso una apposita legge, sembra che a palazzo d’Orleans la pensino diversamente.

Il piano che sarà predisposto, dal Dipartimento della Programmazione andrà alla presidenza del Consiglio dei Ministri per il sì che sblocchi la rimodulazione e dunque le risorse Cipe e verrà, poi, adottato per via amministrativa anche se questo eventuale percorso lascia più di una perplessità. Alla Commissione, dunque, resta solo un parere di ‘cortesia’ non vincolante.

Ma il primo tema resta quello dei soldi. E se il Cipe non li delibererà entro l’anno (ed è probabile che ciò non avvenga) tutto questo piano sembra destinato a restare una bella propaganda senza effetti reali.