“Mi sono dato una regola, quella di non commentare i processi che non mi riguardano. E nel processo d’appello conclusosi ieri a Palermo io non ero imputato. La sentenza che mi riguarda, che mi ha assolto in primo e secondo grado e divenuta definitiva con il giudizio della Cassazione, dice una cosa molto semplice: ‘Ammesso che ci sia stata la trattativa. Mannino non è stato né la causa né il fine”. Così l’ex ministro Dc Calogero Mannino all’ANSA, sulla vicenda giudiziaria dalla quale è stato assolto nel processo in abbreviato, ‘parallelo’ a quello che si è concluso ieri sulla cosiddetta Trattativa Stato-mafia.

Il “peso” della sentenza Mannino

Proprio questa sentenza, secondo diversi analisti, avrebbe rappresentato un precedente di cui i giudici d’appello non potevano non tener conto, visto che Mannino veniva indicato dall’accusa come un personaggio chiave della cosiddetta ‘trattativa’.

Mannino era imputato per minaccia a corpo politico dello Stato, proprio come i generali Mario Mori e Antonio Subranni e l’ex senatore Marcello Dell’Utri. L’accusa aveva chiesto 9 anni di carcere nel processo stralcio (a rito abbreviato). In particolare, Calogero Mannino era stato accusato di avere dato il via ai contatti tra i carabinieri del Ros e i vertici della mafia in Sicilia per far terminare le stragi mafiose. L’ex Ministro Dc – per l’accusa- temendo per la propria vita dopo le minacce di Totò Riina – che attaccava ‘mi vendicherò dei politici che non mantengono le promesse fatte’ – avrebbe accelerato la stessa Trattativa.

La Procura generale (procuratori Giuseppe Fici e Sergio Barbiera) pochi mesi fa parlava di “manifesta illogicità della motivazione assolutoria” dell’ex ministro Calogero Mannino “con riferimento ai fatti in precedenza accertati nel procedimento a carico dello stesso per concorso esterno in associazione mafiosa, indicativi di pluriennali rapporti con importanti esponenti mafiosi”.

La trattativa ci fu, ma “non costituisce reato”

Sarà interessante leggere le motivazioni della sentenza d’appello emessa ieri, che di fatto conferma la trattativa, ma “non costituisce reato”. Una sentenza che fa discutere in quanto sembrerebbe esserci una asimmetria nel giudizio: assolti gli uomini delle istituzioni, condannati i mafiosi. Dunque: «Trattare con lo Stato è reato, trattare con la mafia non lo è», scrive oggi Marco Travaglio: «Per la serie “La sai l’ultima?”, la sentenza d’appello sulla trattativa Stato-mafia conferma integralmente i fatti, ma condanna solo la mafia e assolve lo Stato».

“Trattare con la mafia si può, con lo Stato no”, titola il quotidiano in prima pagina.

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