Scovati nove furbetti del cartellino tra i dipendenti dell’azienda ospedaliera Arnas Civico di Palermo. Per otto sono state emesse dal gip misure cautelari e uno è indagato a piede libero. I provvedimenti sono stati eseguiti questa mattina dai carabinieri della compagnia di piazza Verdi.

Gli operatori sanitari finiti nell’inchiesta, coordinata dalla procura, sono accusati a vario titolo di truffa aggravata ai danni dello Stato e falso. L’attività di indagine è scattata tra l’ottobre e novembre del 2019 per contrastare comportamenti di assenteismo dal lavoro tenuti da alcuni dipendenti dell’ negli ospedali Civico di Palermo e ospedale dei Bambini.

Le indagini sono state svolte attraverso l’osservazione di videoriprese, pedinamenti e acquisizione di documenti da cui emergerebbe la responsabilità dei 9 indagati che in alcuni casi si sarebbero allontanati dall’ospedale pur risultando in orario di lavoro o si sarebbero intrattenuti nelle immediate adiacenze della struttura per un lasso temporale non giustificabile. In un unico caso un indagato avrebbe passato il badge il di un collega per farlo risultare in servizio .

Per tre dipendenti dell’azienda ospedale Civico è scattata la sospensione dal pubblico ufficio per dodici mesi, Per cinque ex Pip, inseriti nei piani di occupazione regionale, l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Uno è a piede libero.

Le indagini sui furbetti del cartellino sono iniziate dalla denuncia presentata da palermitano che avrebbe notato dei disservizi nell’assistenza ad un proprio parente. Così sono state piazzate le telecamere all’ospedale dei Bambini di Palermo e sono stati trovati i nove furbetti.

“Una prassi illecita che, anche se nel caso in esame fa registrare percentuali di assenteismo minori rispetto ad altre indagini, in media l’assenza documentata è di circa 16 o 20 ore ad indagato rispetto alle ore lavorative previste, con un retribuzione media in difetto di circa 100, 125euro, – afferma il comandante del Gruppo di Palermo Angelo Pitocco – Rimane certamente grave per la ricaduta che ha in termini di compensi economici non dovuti versati dalla sanità pubblica e, soprattutto, per i disservizi e i disagi arrecati all’utenza e ai colleghi che, invece, rispettano rigorosamente l’orario e i doveri di servizio. Non è un caso, infatti, che l’attività abbia avuto inizio proprio dalla denuncia di un cittadino sconfortato e preoccupato per la salute di un proprio congiunto”.

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