Ai pm, dopo l’arresto, aveva raccontato di conoscere appena Matteo Messina Denaro, ma le indagini hanno smontato la difesa di Giovanni Luppino, l’imprenditore che il 16 gennaio scorso accompagnò il boss a fare la chemioterapia alla clinica La Maddalena e che finì insieme a lui in manette.

Gli accertamenti del Ros, Luppino avrebbe taglieggiato alcuni imprenditori

“Me lo ha presentato Andrea Bonafede con un nome falso e il 16 gennaio all’alba è venuto a chiedermi un passaggio a Palermo”, aveva detto al pubblico ministero Piero Padova. Gli accertamenti dei carabinieri del Ros, però dicono altro: Luppino prima delle manette avrebbe chiesto denaro ad alcuni imprenditori dicendo che era un emissario del padrino di Castelvetrano e che i soldi erano destinati al boss.

Ulteriori conferme dai testimoni

Circostanza confermata dai testimoni a cui l’autista del capomafia aveva chiesto le somme che hanno negato però di aver fatto avere le somme all’ex latitante. Gli esiti degli approfondimenti sono stati depositati agli atti del procedimento in corso a carico di Luppino che da una prima accusa di favoreggiamento aggravato è ora imputato di associazione mafiosa.

Udienza rinviata al 24 novembre

I legali hanno chiesto un termine per esaminare le nuove carte e l’udienza preliminare davanti al gip è stata rinviata al 24 novembre. Dalle analisi delle celle telefoniche di Luppino risulta, inoltre, che questi avrebbe portato il capomafia in clinica per ben 50 volte in due anni, mentre l’indagato aveva detto ai pm che con Messina Denaro aveva solo una occasionale frequentazione. Più volte i due avrebbero passato la notte a Palermo prima della seduta di chemio.

La difesa di Luppino all’arresto di gennaio

Luppino, interrogato ieri dal gip nel corso dell’udienza di convalida dell’arresto in flagranza, ha negato di essere stato a conoscenza dell’identità del “passeggero» che aveva accompagnato alla clinica Maddalena, luogo in cui è scattato il blitz. Al giudice ha raccontato di aver conosciuto l’uomo che ha portato in clinica alcuni mesi prima perché gli era stato presentato da un compaesano, Andrea Bonafede, come suo cognato. Da allora non avrebbe mai più visto il boss fino a domenica, quando questi, che lui conosceva con il nome di Francesco, gli aveva chiesto di dargli un passaggio a Palermo dove avrebbe dovuto fare la chemioterapia. Una versione che, secondo la procura, sarebbe completamente inventata. L’agricoltore risponde di favoreggiamento e procurata in osservanza della pena aggravati dal metodo mafioso.

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