Nuova protesta dei lavoratori ex Almaiva-Covisan a Palermo. Questa mattina al Foro Italico Umberto Primo il corteo dei lavoratori che attendono risposte in vista del 20 giugno quando la Covisan cesserà il rapporto di lavoro, come annunciato nei giorni scorsi.

Ore di disperazione per i lavoratori

Sono ore di preoccupazione e disperazione per le centinaia di famiglie coinvolte. “Chiediamo il tavolo ministeriale – dicono i sindacati in corteo oggi a Palermo –  Una situazione complicata in Almaviva aggravata dal calo di volumi della commessa 1500 del Ministero della Salute con un picco dell’80 di ammortizzatori sociali, a cui si aggiunge la vicenda nota del call center ITA e Covisan”.

Le richieste al Prefetto di Palermo

I sindacati chiedono inoltre al Prefetto di Palermo la riapertura del tavolo ministeriale considerato sospeso dal 20 aprile e mai convocato. “Chiediamo una soluzione che coinvolga tutti i lavoratori. La non presenza di Ita al tavolo e le posizioni cristallizzate da Altavilla non lasciano presagire chissà quali impegni ma confidiamo si riesca a trovare una soluzione per tutti i lavoratori”.

20 giugno la data del licenziamento

L’intero settore è a rischio in tutta la Sicilia e si rischia una vera e propria esplosione.  A Palermo sono diverse le vertenze tra cui quella di Ita per cui non è stata ancora stabilita una data per la trattativa. “Il 20 giugno, il giorno del licenziamento in Covisian, si avvicina e non c’è alcuna certezza – dicono le sigle sindacali -. Chiediamo al governo d’intervenite per la commessa ITA e la commessa del Ministero della Salute”.

I volti stanchi dei lavoratori

Ma la disperazione si legge sui volti di tutti i lavoratori che questa mattina si sono radunati al Foro Italiaco. “Oggi è veramente difficile arrivare a fine mese, facciamo i salti mortali”, dice una ex operatrice del call center palermitano. “Siamo circondati dal silenzio da aprile, nessuno dà informazioni o risposte, abbiamo chiesto l’intervento delle istituzioni, facciamo sentire la nostra voce che ora è un grido di disperazione. E’ giusto dare una risposta a questa 543 famiglie”.