Lui nega ogni accusa, si dichiara innocente ma delle immagini lo incastrerebbero. Una telecamera di via Emerico Amari ha ripreso un uomo mentre spiava il cameriere algerino Badr Boudjemai.
Venerdì sera ha chiuso lui il locale dove lavorava, “Appetì”. Un’altra telecamera, in via Roma, ha ripreso lo stesso uomo che pedinava Samir, come lo chiamavano tutti: a un certo punto, l’assassino affretta il passo e spara a bruciapelo tre colpi di pistola, uccidendo il cameriere algerino di 41 anni
“Io con quel delitto non c’entro nulla, non mi rovino la vita per un cliente in più”, ha detto più volte Alì El Abed Baguera, tunisino di 32 anni durante l’interrogatorio al pm Vincenzo Amico e ai carabinieri che lo hanno tempestato di domande fino alle 3 della scorsa notte al comando provinciale di Palermo.
Lo sbarco su un barcone a Lampedusa e i problemi con la legge
Lui abita a cinque minuti dal ristorante del cugino Al Magnum e si è allontanato dal ristorante alle 23.45 per tornare a casa. A mezzanotte dove rientrare a casa, dove sta scontando una pena in affidamento in prova disposta da tribunale di sorveglianza.
Era arrivato a Lampedusa con un barcone e nel centro di accoglienza erano stati incendiati materassi e suppellettili. Da qui la condanna. Per buona condotta era stato scarcerato e messo alla prova.
L’interrogatorio
“Sono stato al locale dalle 11.30 del mattino e non mi sono mai allontanato – ha detto il cameriere tunisino davanti al suo avvocato Salvino Caputo – Lavoro da mio cugino come previsto dal tribunale e alle 23.45 mi sono diretto verso casa. Vive nella vicina via Benedetto Gravina, ospite della cugina e del marito”.
Nel corso dell’interrogatorio ha detto di conoscere Samir e di fare lo stesso lavoro. Mai uno screzio. Adesso l’avvocato Caputo attende di leggere il provvedimento di fermo e così potere verificare gli elementi di prova che sono stati raccolti dalla procura per fermare il cameriere tunisino e contestargli l’omicidio con l’aggravante dei futili motivi.
La lite
Ci sarebbe stato uno screzio, una lite tra i due camerieri, ma qualche tempo fa. Una lite a cui la famiglia del cameriere algerino non avrebbe dato peso. “Badr “Samir” Boudjemai, non raccontava mai nulla a casa. Quello che accedeva al lavoro restava lì – hanno raccontato i familiari – Era un uomo che teneva alla famiglia e molto riservato. Qualunque problema lo affrontava senza coinvolgere i familiari”.
Per questo chi gli stava vicino non riusciva a capacitarsi su quanto successo e sull’efferatezza con la quale è stato ucciso il cameriere algerino di 41 anni. La moglie, la madre e la sorella di Samir hanno nominato l’avvocato Enrico Tignini per essere assistiti in questa terribile vicenda che li ha visti coinvolti. Aspettano anche loro di conoscere e sapere cosa è successo la notte tra venerdì e sabato in via Roma e perché Alì El Abed Baguera avrebbe ucciso il loro caro.
Lo strazio della famiglia
La famiglia della vittima sta vivendo ore di profondo dolore. La madre si trovava da un mese a Palermo per stare con i nipotini e riabbracciare il figlio e la nuova. Da quando ha appreso la notizia della morte del figlio non si dà pace. Anche la sorella che lavora per Medici senza Frontiere è arrivata a Palermo non appena ha appreso la notizia e anche lei insieme alla moglie di Badr vuole sapere la verità di un delitto assurdo nei confronti di un uomo buono che amava la famiglia e viveva per i figli.
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