Eclettica, affascinante, anticonformista nobildonna palermitana, un passo avanti rispetto al suo tempo, Topazia Alliata di Salaparuta è sempre stata uno spirito libero.
Pittrice, gallerista, curatrice, talent scout dal gusto deciso e sicuro, ma anche donna sportiva ed elegante, con due occhi straordinari, Topazia ha percorso un intero secolo, il Novecento, viaggiando parecchio, sola e con il marito Fosco Maraini, da cui ebbe tre figlie, Dacia, Yuki e Toni. Pur legata alla nobiltà europea, curatrice di mostre internazionali, è sempre rimasta avvinta alla Sicilia, fino alla sua morte, avvenuta un anno fa, a 102 anni.
Una mostra a Palermo, prima retrospettiva a lei dedicata, voluta dalle figlie Dacia e Toni Maraini e dalla nipote Gioia Manili, la racconta attraverso fotografie, disegni, lettere e alcune tra le sue tele più interessanti, al fianco di opere di suoi amici e colleghi: da Guttuso a Pupino Samonà.
L’esposizione, intitolata “Topazia Alliata. Una vita per l’arte”, si terrà a Palazzo Sant’Elia dall’undici novembre 2016 all’ undici gennaio 2017. Curatrice della mostra il critico d’arte Anna Maria Ruta, grande esperta del ‘900 e studiosa del Futurismo, che sei anni fa per l’editore Kalòs ha pubblicato la prima biografia dell’artista e gallerista. Organizzata dalla Fondazione Sant’Elia (ente della neonata Città metropolitana presieduta dal sindaco Leoluca Orlando) in collaborazione con l’associazione Lo Stato dell’Arte, la mostra ha il patrocinio del Comune di Palermo.
Il percorso espositivo osserva in filigrana una nobildonna che rifiutò la tradizione e volle correre per il mondo, animata da uno spirito curioso e sicuro da elegante conoscitrice, amica di poeti, intellettuali, scrittori ed artisti come, oltre a già ricordati Renato Guttuso e Pupino Samonà, Corrado Cagli o Carlo Levi, ma anche di intellettuali impegnati come Danilo Dolci.
A Palazzo Sant’Elia, l’obiettivo della Ruta mette a fuoco la figura della nobile aristocratica anticonformista, cresciuta in una famiglia di artisti (le zie pittrici Felicita ed Amalia Alliata, ma anche Quintino di Napoli), ne ripercorre la vicenda umana, i rapporti, le amicizie, la capacità artistica. Il racconto è scandito da otto sezioni tematiche che, partendo dalla storia della famiglia Alliata, toccano gli anni in cui frequentò l’Accademia di Belle Arti, i maestri, i giovani colleghi, il rapporto e il matrimonio con l’etnologo e fotografo Fosco Maraini, il trasferimento in Giappone durante la seconda guerra mondiale e la sofferta parentesi vissuta da tutta la famiglia in un campo di concentramento nel paese del Sol Levante. E ancora il ritorno in Sicilia e l’avventura da imprenditrice alla guida della Vini Corvo, gli anni ’50, gli intellettuali e gli amici artisti, la nascita della Galleria d’arte a Trastevere e i rapporti con artisti e collezionisti internazionali. Ciascuna delle sezioni ospita opere appartenenti agli eredi di Topazia Alliata o in prestito da istituzioni e collezionisti privati.
La mostra sarà un excursus storico-artistico sulla creatività della famiglia Alliata, sui maestri – Pippo Rizzo, Archimede Campini, Ettore De Maria Bergler, Mario Mirabella, sui colleghi d’Accademia – Renato Guttuso, Nino Franchina, Ezio Buscio, Piera Lombardo, Lia Pasqualino Noto, Giovanni Rosone, sugli artisti ospitati da Topazia e lanciati dalla Galleria Trastevere. Un frammento è dedicato agli anni giapponesi: «Seguii Fosco fino alla fine del mondo» scrive Topazia parlando del suo soggiorno in Giappone concluso poi nel campo di concentramento. Le firme raccontano un secolo di arte italiana: dagli Alliata, a Quintino Di Napoli, Renato Guttuso, Ettore de Maria Bergler, Lia Pasqualino Noto, Pina Calì, Archimede Campini, Pippo Rizzo, Mario Mirabella, Nino Franchina, Elisa Maria Boglino, Nino Garajo, Piera Lombardo, Michele Dixit, il soprano e pittrice Ester Mazzoleni Cavarretta, Daniele Schmiedt, Corrado Cagli, Ezio Buscio, Giovanni Rosone ed altri. Le opere di Topazia Alliata non sono moltissime, ma mostrano una mano sicura, attenta, influenzata dalle correnti artistiche del suo tempo. «Non so perché mia madre abbia smesso di dipingere – scrive Dacia Maraini – Probabilmente non aveva abbastanza fiducia nel suo lavoro. Come tante donne, portava in sé la memoria atavica della sfiducia istituzionale».
La retrospettiva di Palazzo S. Elia, a cura del critico d’arte Anna Maria Ruta, prende le mosse dai primi anni passati tra il nobile palazzo di famiglia di Palermo e la villa di Bagheria: la giovane Topazia è irrequieta e affamata d’arte; nella Sicilia appena uscita dalla Prima Guerra, lei porta i pantaloni, fuma e guida l’auto (è una delle prime donne in Sicilia a prendere la patente) si impone sulla morale del tempo e convince il padre, il duca Enrico di Salaparuta –, uomo nemico di ogni pregiudizio, interessato alle nuove culture e all’ antroposofia, vegetariano e naturista, mentre la madre è Amelia Ortuzar Olivares detta Sonia, figlia di un diplomatico cileno, straordinaria cantante d’ opera che ha interrotto la carriera per sposare il duca siciliano -, a farle frequentare non solo l’Accademia di Belle Arti, ma anche la Scuola Libera del Nudo, allora proibita alle donne.
Viaggiatrice, curiosa, sportiva, a 18 anni raggiunge Firenze dove conosce Fosco Maraini, giovane etnologo, scrittore e fotografo: è amore a prima vista, i due giovani dopo pochi anni si sposano e, dopo una parentesi da bohémien a Fiesole, si trasferiscono in Giappone dove Maraini ottiene un incarico universitario; la famiglia – nel frattempo sono nate le tre figlie – rifiuta di aderire alla Repubblica di Salò ed è perseguitata dalle leggi naziste; sarà rinchiusa in un campo di concentramento di Nagoya da cui verrà liberata soltanto nel 1945.
Il ritorno in Sicilia porta Topazia Alliata alla guida dell’azienda vinicola di famiglia. Iniziano i primi dissapori con Fosco, dopo pochi anni la coppia si separa: Topazia, che ha sempre continuato a disegnare e dipingere, seppure senza continuità, inizia a viaggiare tra Roma e Palermo, rinsalda i rapporti con il mondo dell’arte e le gallerie; il suo gusto sicuro le fa scegliere pittori e scultori, intuisce l’estro e le potenzialità di giovani come Pupino Samonà e li lancia sul mercato. Dopo qualche anno apre la sua a Roma: la Galleria Trastevere diventa ben presto un punto focale del movimento artistico degli anni Sessanta, ribalzando su Palermo un’attività straordinaria che porta la nobildonna ad essere apprezzata da Bruno Caruso ed Enzo Sellerio.
La Galleria si apre con una mostra su Cascella nel ‘59, seguirà Nuvolo e tanti altri, fino alla chiusura nel ‘64. Topazia sostiene Danilo Dolci, si accosta al Movimento Federalista Europeo e, alla sua nascita, aderisce al Partito Radicale, ma è anche separatista di Sinistra, come lei stessa confessa, distinguendosi dalle rappresentanti dell’aristocrazia siciliana, così lontane da lei per comportamenti e cultura.
Dopo la chiusura della galleria, Topazia Alliata comincia a proporre e curare mostre in importanti musei: gusto sicuro, piglio energico, una grazia infinita, la nobildonna dagli occhi di smeraldo incanta prima la vecchia Europa, poi l’America. L’elenco delle mostre è infinito, ognuna è un grande successo. Topazia Alliata è scomparsa nel 2015, a 102 anni.
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