Ivan Scalfarotto sui diritti civili non prende lezioni da nessuno, la sua vita lo testimonia, le sue battaglie lo dimostrano. Noi domani saremo al suo fianco”. Così, sui social, il presidente dei senatori di Italia Viva, Davide Faraone.

La presentazione del libro

“Domani – scrive Faraone – Ivan Scalfarotto verrà a Palermo a presentare un libro. “Il delitto di Giarre. 1980: un «caso insoluto» e le battaglie del movimento LGBT+ in Italia” di Francesco Lepore. Il delitto di Giarre è un duplice omicidio commesso il 31 ottobre 1980 a Giarre, in provincia di Catania. Divenne fondamentale nella storia del movimento di liberazione omosessuale italiano in quanto portò alla fondazione del primo circolo Arcigay“.

Domani proteste a Palermo

“Naturalmente qualche campione di tolleranza e rispetto delle opinioni altrui organizzerà un un sit-in di protesta in contemporanea alla presentazione del libro perché c’è Ivan Scalfarotto”.

“Che strana idea di libertà, – conclude Faraone –  la chiedono ma non la concedono. Possono parlare solo loro, perché solo loro sono i depositari della verità. E se c’è qualcuno che la pensa diversamente, per loro non ha diritto di parola”.

La lettera del Sottosegretario all’Interno, Ivan Scalfarotto

Mi giunge notizia che il coordinamento del Palermo Pride ha deciso di indire per domani pomeriggio una manifestazione di protesta contro di me davanti a Palazzo delle Aquile, dove parteciperò alla presentazione del libro di Francesco Lepore “Il delitto di Giarre”, edito da Rizzoli. Come uomo politico so bene che le tutte mie decisioni sono oggetto di scrutinio e di possibili contestazioni, naturalmente del tutto legittime. E tuttavia mi pare necessario sgombrare il campo dal sottotesto di questa manifestazione e di numerosi messaggi che ho ricevuto in questi giorni, e cioè che il fatto di essere io stesso omosessuale debba vincolarmi in qualche modo a una unicità di pensiero, o a una fedeltà obbligatoria alla linea politica del mondo associativo.

Vorrei chiarire ora e per sempre che il fatto che io sia gay, insomma, non mi impedisce di pensarla diversamente dal Palermo Pride o da altre associazioni LGBT e di rivendicare con piena convinzione la fondatezza delle mie opinioni. L’idea che la battaglia delle persone LGBT in Italia debba risolversi in grandi battaglie di principio che sfociano sistematicamente nel nulla mi pare del tutto fallimentare. Se non si fanno le leggi, la testimonianza potrà forse servire alla carriera di qualcuno ma non produrrà nessun cambiamento reale nella vita della moltitudine dei nostri concittadini omosessuali, bisessuali e trans. Sono fermamente convinto, in questo campo e non solo, che lo scopo della politica sia quello di portare a casa tutto ciò che è possibile quando è possibile, e che il progresso umano non faccia quasi mai dei salti, ma che più spesso proceda per successive approssimazioni. Non erano leggi perfette né la legge sul divorzio, né quella sull’aborto, né quella sulle unioni civili, ma non rinuncerei mai a nessuna di quelle leggi in nome di un “tutto o niente” che il più delle volte ti lascia col niente in mano. È la vecchia vicenda del riformismo e del massimalismo: non la risolveremo certo oggi, ma io so da che parte sto: quella di chi pensa che il contrario del compromesso non sia “né integrità e nemmeno idealismo e nemmeno determinazione o devozione. Il contrario di compromesso è fanatismo, morte”, come scrisse mirabilmente Amos Oz.

Credo pertanto che la gestione del cosiddetto disegno di legge Zan sia stata frutto di un’imperdonabile incompetenza o di un incredibile cinismo. In una situazione come quella del Senato, completamente diversa quanto ai numeri rispetto a quella della Camera, essere rifuggiti da ogni compromesso ci lascia oggi senza alcuna tutela giuridica contro l’omotransfobia. Aver assunto cocciutamente l’azzardo di una conta dall’esito che era facilissimo prevedere è stata un’operazione che – sulla pelle di chi doveva essere tutelato e non lo sarà, ora e nel prevedibile futuro – si è guadagnata il consenso tanto delle associazioni LGBT (contente loro del nulla che si è ottenuto: chi si contenta, dice il proverbio, gode) che della Conferenza Episcopale Italiana e di tutto il mondo che quella legge non voleva vedesse la luce. Il Palermo Pride è libero di pensarla come vuole ma spero la medesima libertà di opinione sia concessa a me, che da parlamentare rappresento la Nazione e non le associazioni rappresentative della minoranza cui appartengo. Certo, non posso non notare che avranno gioco facile coloro che, sulla base di questa contestazione dell’associazionismo LGBT nei confronti di una persona omosessuale “non allineata”, probabilmente affermeranno che il proposito di quella parte del mondo LGBT italiano non fosse quello di arrivare a una legge che ispirasse il nostro ordinamento a principi di inclusione e di rispetto ma di limitare la libertà di opinione di coloro che la pensano diversamente. Un altro capolavoro politico, non c’è che dire.

Un’ultima cosa: piaccia o no al Palermo Pride, io sono parte di questa comunità, senza bisogno di autorizzazioni o di patenti da parte di chicchessia. Parlano per me la mia vita, il mio lavoro, la trasparenza e l’orgoglio con il quale ho sempre vissuto. Parla per me, e per la mia parte politica, l’unica legge mai approvata in Italia a favore delle persone LGBT. Come a Palermo sanno, il coming out è una formidabile esperienza di libertà e di autonomia: chi lo abbia fatto sa che è una sensazione a cui è impossibile rinunciare, una volta provata. Non sarà dunque di certo una piazza, una pressione o una minaccia a farmi rinunciare alle mie idee. Sarà bene farsene tutti, oggi e per sempre, una ragione”, conclude nella lettera Ivan Scalfarotto.

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