“Quando ci fu la strage di Capaci l’abbiamo saputo dal Tg, eravamo tutti sul divano. Mio padre era normale, non era né preoccupato né felice, e non è vero, come hanno detto, che ha brindato con lo champagne”. Parla Maria Concetta Riina, figlia di Totò u curto, il capomafia morto il 17 novembre scorso a Parma.
“Io non posso prendere le distanze da mio padre – dice in un’intervista a Le Iene Show in onda domani su Italia 1 –
perché mio padre ai miei occhi era un’altra persona, non era il mostro che vedete voi, che vede l’Italia intera. È stato un buon padre. E poi penso che ci sono delle cose che in cuor mio non sono state commesse”.
“Il problema è che nel momento in cui lo dico vengo attaccata, perché mio padre ha fatto comodo a tante persone –
sostiene – si è accollato tante cose che altrimenti avrebbero dovuto accollarsi altri. Era un parafulmine”.
“Non lo so se era uno stinco di santo, non lo devo giudicare io, sarà il Signore a giudicarlo, l’ha già giudicato del resto, è morto il 17 novembre. Se non era uno stinco di santo sarà all’Inferno, se lo era starà in Paradiso. Non lo so dove sarà”.
La figlia del boss poi racconta i 20 anni trascorsi con il padre durante la latitanza. “Noi eravamo con mio padre, stavamo insieme. In giro per l’Italia sempre, di continuo, non ci fermavamo mai. Non andavamo a scuola, era mia madre a farci da insegnante, perché giravamo sempre. Ma nonostante tutto facevamo una vita normale, andavamo a fare la spesa. Anche lui usciva normalmente, senza trucchi, senza maschere. Ti sembrerà allucinante eppure è così”.
E quando è stato arrestato? Risponde Maria Concetta: “Noi non c’eravamo. L’abbiamo visto in tv. Abbiamo raccolto le nostre cose, chiamato un taxi e siamo andati, mia madre e i miei fratelli, a Corleone”. E Bernardo Provenzano veniva a casa?
“No, non lo conosco io – dice – in televisione l’ho visto. Forse all’epoca con mio padre quando erano ragazzini a Corleone si conoscevano, penso, perché erano vicini di casa. Però io a casa nostra non l’ho mai visto”.
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