Confermato quanto si era delineato negli ultimi giorni nello scenario politico locale in vista delle elezioni amministrative del 13 novembre a Partinico. Saranno in tre a sfidarsi per la poltrona di sindaco, un esponente del centrosinistra e due del centrodestra. Con loro 10 liste, ben 7 civiche che però sono zeppe di politici di vecchio stampo e ben collocabili nei partiti, e 231 aspiranti ad uno scranno in consiglio comunale dove però a sedersi saranno soltanto in 24.
Il centrosinistra
Il centrosinistra ha dunque un candidato unitario: si tratta di Bartolomeo Parrino, avvocato penalista di 62 anni, che si schiera con due liste civiche al cui interno però confluiscono Pd, Verdi, Movimento 5 Stelle, Rifondazione comunista e Articolo uno. I candidati assessori sono 4 nominati in prima battuta: Linda La Corte, Giuseppe Nobile, Gaetano Costanzo e Calogero Barretta.
Il centrodestra degli autonomisti, Dc e Forza Italia
Le restanti 8 liste sono tutte espressioni del centrodestra che però va diviso. Da una parte c’è il candidato sindaco della prima ora, l’autonomista ed ex parlamentare alla Camera Pietro Rao, che scende in campo con tre civiche accompagnate da Dc nuova e Forza Italia. Per la terza volta si candida a sindaco: i candidati assessori nominati sono tre: Dorotea Speciale, Agostino Genova e Mario Di Trapani.
Il centrodestra di Fratelli d’Italia
C’è poi Fratelli d’Italia che dopo aver rotto il tavolo con il centrodestra appena tre giorni fa, lancia coma candidato a sindaco l’ex assessore Toti Longo, 47 anni, insegnante. Con lui ovviamente il simbolo dl partito di Giorgia Meloni e due civiche. Longo ha nominato in prima battuta 4 candidati assessori: l’attuale deputato regionale Marco Intravaia, e tre avvocati, Vito Giovia, Antonio Scianna e Fabio Rao.
Il Comune da rifondare
La politica tornerà quindi all’interno del palazzo di città dopo ben tre anni e mezzo di commissariamenti: prima un anno di commissario regionale e altri quasi due anni e mezzo di commissari prefettizi dopo lo scioglimento per infiltrazioni mafiose. L’eredità sarà pesante, a cominciare dal fatto che bisognerà continuare sul solco del risanamento finanziario dopo il dichiarato dissesto finanziario nel 2018.
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