Questo pomeriggio i siciliani sono tornati in piazza contemporaneamente a Palermo, Messina, Catania e Mazara del Vallo per chiedere l’immediata liberazione dei 18 pescatori siciliani sequestrati in Libia.

Sono passati più di 90 giorni da quando una motovedetta della Guardia Costiera Libica ha sequestrato due pescherecci siciliani a 38 miglia da Bengasi. Sulle imbarcazioni si trovavano 18 pescatori mazaresi, che sono stati arrestati dalle milizie del generale Haftar.

È la seconda manifestazione organizzata a Palermo da Antudo, Siciliani Liberi, Attiva Sicilia con il gruppo parlamentare all’Ars, Figli di Sicilia e GenerazioneBastaGià. L’obiettivo è quello di tenere alta l’attenzione su una vicenda che, dicono gli organizzatori, “pare non rientrare fra le priorità del governo”.

“Sono passati ormai tre mesi dal sequestro. Più di 90 giorni lontani dalle proprie madri, dalle figlie e le mogli. Dal Governo sempre la stessa litania: «stiamo lavorando, lasciateci lavorare». Davanti al silenzio delle istituzioni, alle infinite attese, alle false promesse non possiamo rimanere con le mani in mano. Per questo siamo scesi in piazza” – afferma Giovanni Siragusa di Antudo.

A Palermo, Catania e Messina i manifestanti si sono dati appuntamento davanti la prefettura, appellandosi al Prefetto che rappresenta il Governo a livello locale. A Mazara del Vallo, invece, hanno protestato, ancora una volta, i parenti dei pescatori sequestrati.

“Non ci interessa quanto si debba pagare, chi va liberato, quali interessi vadano sacrificati. I pescatori di Mazara del Vallo devono ritornare immediatamente a casa, dalle loro famiglie” – affermano i manifestanti.

Si legge ancora in una nota degli organizzatori: “Quella del sequestro appare sempre di più una vicenda complessa in cui sono in ballo interessi economici, relazioni internazionali tra Stati, competizioni geopolitiche. Il sequestro dei pescherecci, con ogni probabilità, va inquadrato nel clima di guerra – che in queste ultime settimane è andato intensificandosi – tra le diverse fazioni libiche e gli eserciti di diversi paesi , USA, Russia, Francia, Egitto, Emirati Arabi, Quatar e, non ultima, l’Italia”.

“In un conflitto internazionale che è destinato ad allargarsi e divampare, la Sicilia e i suoi pescatori sono ostaggi del governo italiano (prima ancora che dei libici) che segue una politica internazionale contraddittoria e dal respiro corto, facendo pagare i propri errori alla Sicilia e ai suoi pescatori. Ma qualunque cosa si possa pensare della situazione in Libia, al primo posto va la vita dei pescatori siciliani e il loro ritorno a casa. A qualunque costo e a qualunque prezzo”, continua Siragusa.

La protesta si rivolge anche al Presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, accusato di non aver fatto abbastanza per riportare i siciliani a casa.

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