Poche piogge invernali e gli invasi siciliani hanno “sete” d’acqua. Il quadro rispetto a novembre e dicembre scorsi è peggiorato. Il dato preoccupante è che gennaio dovrebbe essere il mese in cui l’emergenza siccità non dovrebbe neppure essere preso in considerazione. Ma i volumi d’acqua delle dighe siciliane registrati dal report dell’Autorità regionale di bacino, registra alcuni dati preoccupanti. Nei giorni scorsi, ad esempio, Amap che gestisce le risorse idriche a Palermo ed in altri centri ha predisposto il piano d’emergenza in 47 comuni.

Risorse idriche diminuite del 18%

Il primo numero che balza all’attenzione è la diminuzione complessiva della risorsa idrica pari al 18% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso: un gap ulteriormente aumentato al confronto con il -13% rilevato una trentina di giorni fa.

Fiumi e torrenti presentano una flessione del 4% su base mensile, nel solco del -5% conteggiato nella precedente rilevazione. Insomma, la situazione non è incoraggiante, con picchi di deficit in alcune strutture, dove l’ammanco raggiunge il 50%.

Come nel caso dell’invaso Castello nell’Agrigentino, la cui portata, nel giro di un anno, si è dimezzata passando da 15 a 7,5 milioni di metri cubi d’acqua. Proprio per questo nei giorni scorsi c’è stata una riunione a Palermo per far arrivare acqua da altri invasi.

Problemi anche nel Palermitano

Ma non se la passano molto meglio il lago Garcia e le dighe Rosamarina e Poma nel Palermitano, che toccano, rispettivamente, flessioni del 41, 40 e 26%.

Mentre se si considerano tutti i bacini dell’Isola, al netto dal fango e dei detriti accumulati che da decenni ne ostacolano il riempimento, rispetto a gennaio 2023 mancano all’appello quasi 64 milioni di metri cubi d’acqua: come se due invasi di dimensioni medio-grandi fossero evaporati nel nulla.

A fare da contraltare, segnando dei rialzi al confronto con lo scorso anno, restano pochissimi laghi, e tra questi c’è l’Arancio, che nell’Agrigentino, anche se a volume dimezzato rispetto alle sue capacità, presenta tre milioni di metri cubi in più. Ma dietro l’aumento c’è la beffa, dal nome “alga rossa”, o per meglio dire “Planktothrix rubescens”, il batterio che, in attesa dei nuovi esami dell’Arpa, ha stoppato l’uso irriguo dell’acqua proveniente dal fiume Carboj, mantenendo così i livelli idrici sopra le asticelle dei mesi precedenti e scatenando le proteste degli agricoltori.

Le parole del vicepresidente di Coldiretti Sicilia

Certo, va ricordato che il report dell’Autorità, pubblicato mercoledì scorso, si basa su dati raccolti il primo gennaio, dunque prima dei tre-quattro giorni di pioggia che hanno interessato l’Isola a partire dall’Epifania, ma il quadro, commenta il vicepresidente di Coldiretti Sicilia, Ignazio Gibiino, “non è cambiato neanche con quelle precipitazioni, sia per le dighe che, a cascata, per i coltivatori e gli allevatori. Questi ultimi, in particolare, nonostante la pioggia di due settimane fa abbia un po’ aggiustato la crescita dei seminativi, scontano ancora l’effetto del clima siccitoso, con l’erba nei pascoli che resta bassa e non sufficiente da sfamare le mandrie, tanto da rendere necessario l’acquisto di fieno oltre lo Stretto, a prezzi assurdi, manco fosse oro, mentre gli unici aiuti per la zootecnia stanziati dalla Finanziaria regionale hanno riguardato la sola provincia di Caltanissetta”.

E prosegue: “Nel frattempo, le precipitazioni di gennaio non hanno risolto i problemi di chi produce ortaggi in serra, dove l’acqua piovana non penetra, mentre nella Piana di Licata, a secco da tempo, gli agricoltori sono disperati e oggi in conflitto con i colleghi di Naro per l’approvvigionamento dalla diga San Giovanni. Per non parlare degli agrumicoltori della Piana di Catania, dove le anomalie climatiche autunnali hanno inciso sulla pezzatura delle arance”.

Ma il peggio, conclude Gibiino, “potrebbe ancora venire, perché nei prossimi 15 giorni non è prevista pioggia e dobbiamo ancora affrontare la primavera e l’estate. Possiamo solo incrociare le dita”.