Sono già due, i bambini madoniti nati all’ospedale di Termini Imerese, da quando (lo scorso 31 gennaio) il punto nascite di Petralia ha dovuto cessare l’attività. Due mamme, due papà, due bambini che hanno dovuto affrontare 75 km di curve perché una politica cieca e sorda alle esigenze dei cittadini ha deciso che sulle Madonie è vietato nascere.

E’ una protesta generalizzata quella che continua a montare contro la chiusura del punta nascite dell’ospedale madonna dell’Alto. Oggi è il giorno del corteo dei sindaci che andranno a piedi lungo l’autostrada nei pressi dello svincolo irosa mentre a Palermo in prefettura una delegazione chiederà di incontrare il neo prefetto che ha già annunciato che li riceverà.

La protesta non ha parte ne colore politico. Ci sono esponenti del Pd, dei 5 stelle, e ieri perfino il senatore de L’Altra Europa con Tsipras, Francesco Campanella, è stato in visita all’ospedale Madonna dell’Alto dove ha incontrato il sindaco, Santo Inguaggiato, e il direttore sanitario, Gianfranco Licciardi.

“Come si può gestire in sicurezza una gravidanza a distanza? – si chiede Campanella, che in serata interverrà nel corso di un’assemblea convocata dalle donne madonite a Castellana Sicula – Quali tutele in più può fornire un ospedale che può essere raggiunto in un’ora e mezza di tempo? Dove sta, secondo il Ministro Lorenzin, la maggiore garanzia per le donne e per i loro bambini?”.

“Cosa avverrà – prosegue il senatore, che oggi incontrerà il Prefetto di Palermo insieme ai sindaci madoniti – in caso di neve, di grandine o di nebbia (fenomeni per niente sporadici sulle Madonie)? Il punto nascite di Petralia va riaperto subito, la sua chiusura rappresenta la lesione del diritto alla salute, che la stessa Costituzione garantisce a ciascun cittadino”.

“Perché – aggiunge Campanella -, invece di trasferire le pazienti da un ospedale all’altro in nome della sicurezza, non si pensa a una seria rotazione delle professionalità ospedaliere, come già avviene tra Corleone e Partinico, in modo da garantire gli adeguati livelli di sicurezza anche in luoghi da cui, viceversa, è difficilissimo spostarsi?”.

“La legge 9 del 2005, la cosiddetta riforma Russo – sottolinea  -, aveva immaginato una rimodulazione del sistema sanitario in favore dei grandi poli ospedalieri, soltanto in presenza di una medicina del territorio capillare ed efficiente. Quello a cui si è invece assistito in Sicilia, da Lombardo fino a Crocetta, è un disastro di proporzioni epiche nella sanità regionale”.

“In Sicilia oggi non esiste nessuna rete che garantisca realmente il diritto alla salute nei territori, le liste d’attesa sono infinite, le strutture ospedaliere più fatiscenti vengono mantenute aperte, mentre nosocomi di nuova progettazione come quello di Petralia, inaugurato appena 15 anni fa, vengono chiusi in virtù di politiche che seguono la logica dei grandi numeri e non guardano invece alle persone, alle loro esigenze e ai loro bisogni”.

E ieri in aula anche il presidente della Regione è intervenuto sull’argomento. L’esecutivo siciliano ribadirà la richiesta di deroga per tutti i quattro punti nascita chiusi il 31 dicembre perché sotto la soglia dei 500 parti l’anno. Oltre Petralia la vicenda riguarda Lipari sulle isole Eolie e Sant’ASgata di Militello nel Messinese.

Protestano anche i sindaci . Per Antonio Costa della Cisl sanità di Messina la chiusura è “Assurda ed immotivata, ancorché ingiustificata. Non è sostenibile – spiega – la motivazione assunta sia dal livello politico regionale che di quello nazionale. I numeri, le statistiche, i parametri e gli indicatori e tutte le altre alchimie addotte a supporto di tale decisione, se rapportate a quelle dei reparti dove si sono verificati i tragici episodi delle morti per parto che hanno turbato le festività natalizie degli italiani, non giustificano il fine, che è quello di razionalizzare il servizio sanitario, in netto contrasto con quanto sancito dalla nostra Costituzione, perché di fatto si sta operando un taglio indiscriminato alla salute dei cittadini della regione”.

Secondo il rappresentante della Cisl Funzione Pubblica il fallimento della legge di riforma del servizio sanitario regionale, a sei anni dalla sua emanazione, conferma come tutte le decisioni adottate nel frattempo risultano inadeguate, ingiustificate considerato che il fine ultimo del Servizio Sanitario è quello di garantire la salute in tutti i suoi aspetti, dell’uniformità, dell’uguaglianza, della universalità, della sussidiarietà.

“Se a ciò si aggiunge il sottodimensionamento delle dotazioni organiche e l’adeguamento alla normativa europea sul riposo dei lavoratori il quadro si fa allarmante – continua Antonio Costa – senza bisogno di essere profeti, in tali condizioni sarà difficilmente evitabile il verificarsi di altri spiacevoli episodi di “cattiva gestione della sanità” che, di fatto, provocherà interruzioni di pubblico servizio e chiusure indiscriminate di servizi all’utenza”.

Contro questi provvedimenti e l’intero impianto della norma c’è già chi pensa ad un ricorso per la violazione della Costituzione 

“L’AnciSicilia, nel sostenere l’azione dei sindaci per difendere il diritto alla salute degli abitanti delle Madonie, ribadisce la necessità di un confronto istituzionale che affronti in tempi brevi la questione, considerando importante il ruolo e l’attenzione della Prefettura”.

Lo hanno detto Leoluca Orlando e Mario Emanuele Alvano, rispettivamente presidente e segretario generale dell’AnciSicilia, che aggiungono: “Ribadiamo, quindi, la necessità di aprire un tavolo di confronto con il Ministero della Salute, l’assessorato regionale alla Salute e l’Asp, nella speranza che si arrivi a delle soluzioni ottimali e condivise, garantendo all’ospedale di Petralia Sottana – dotato di strutture e di personale di alta professionalità – tutte le dotazioni necessarie, richieste dal Ministero e di competenza regionale e della Asp. In particolare, per mantenere il punto nascita madonita si dovrà assolutamente procedere all’assegnazione di altro personale medico e paramedico”.

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