“La spregiudicata avidità della ‘ndrangheta non esita a sfruttare il reddito di cittadinanza nonostante la crisi economica che grava anche sul contesto sociale calabrese e benché l’organizzazione disponga di ingenti risorse finanziarie illecitamente accumulate”. Lo rileva la Direzione investigativa antimafia nella sua Relazione semestrale al Parlamento. Il riferimento è una serie di inchieste che hanno visto diversi personaggi affiliati o contigui ai clan calabresi quali indebiti percettori del reddito di cittadinanza: coinvolti, in particolare, uomini delle famiglie Accorinti, Mannolo, Pesce, Bellocco. Nell’ambito dell’operazione Tantalo, ad esempio, i Carabinieri hanno deferito all’autorità giudiziaria di Locri 135 percettori irregolari di buoni spesa Covid19, alcuni dei quali legati per vincoli di parentela e/o affinità a sodalizi del luogo e, circa la metà, residenti a San Luca.

Mafia straniera sempre più presente e pericolosa

L’esistenza di una multiforme varietà di sodalizi stranieri e di collegamenti con organizzazioni criminali all’estero soprattutto per il narcotraffico, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e la tratta di esseri umani, documenta come la criminalità transnazionale rappresenti una minaccia reale a fronte della quale appaiono necessari un approccio globale e una più ampia visione del fenomeno. In tal senso l’avviato percorso di cooperazione internazionale cui la Dia partecipa anche attraverso una progettualità autonoma ha permesso di conseguire significativi risultati info-investigativi’. E’ un passaggio dalla relazione della Direzione investigativa antimafia per il secondo semestre del 2020 in tema di ‘ criminalità etnica’ che rappresenta una ‘componente consolidata nel panorama criminale nazionale’.

Dalla mafia albanese a quella africana

Nel dossier si analizzano le varie consorterie straniere che operano in Italia. ‘I criminali albanesi presenti su gran parte del territorio nazionale si esprimono attraverso diversi livelli di operatività. Alcuni agiscono in seno a piccoli gruppi anche multietnici per la commissione di reati contro il patrimonio. Di norma gli albanesi si occupano dell’approvvigionamento delle droghe che vengono poi cedute ai sodalizi autoctoni per la gestione dello spaccio’. I gruppi cinesi ‘appaiono organizzati con una struttura chiusa e inaccessibile. Solo occasionalmente si rileva la realizzazione di accordi funzionali con organizzazioni criminali italiane o la costituzione di piccoli
sodalizi multietnici per la gestione della prostituzione, la commissione di reati finanziari e il traffico di rifiuti’.

I clan cultisti

I clan nigeriani sono attivi in Italia dagli anni ’80 e ad avere particolare rilievo sono i ‘cosiddetti secret cults le cui
caratteristiche sono: l’organizzazione gerarchica, la struttura paramilitare, i riti di affiliazione, i codici di comportamento e in generale un modus agendi tale che la Corte di Cassazione si è più volte espressa riconoscendone la tipica connotazione di “mafiosità”, è detto nella relazione. Infine la criminalità romena si manifesta sia in forma non organizzata, sia attraverso gruppi strutturati. ‘Costituiscono inoltre settori operativi consolidati delle consorterie la tratta di donne da avviare alla prostituzione, i reati informatici e i reati predatori. Tale criminalità risulterebbe inoltre attiva nel settore dell’intermediazione illecita e dello sfruttamento della manodopera in alcuni casi d’intesa con criminali italiani’.

I clan indipendenti del Nord Italia

San Giusto Canavese (Torino) e Lonate Palazzolo (Varese), Lona Lases (Trento) e Desio (Monza e Brianza), Lavagna (Genova) e Pioltello (Milano). Tutti posti ben lontani dalla Calabria, ma nei quali la ‘ndrangheta ha allungato
i suoi tentacoli installandovi ‘locali’ (le strutture di coordinamento delle ‘ndrine). La Direzione investigativa  antimafia nella sua Relazione semestrale al Parlamento conta ben 46 ‘locali’ nelle regioni settentrionali: 25 in Lombardia, 14 in Piemonte, 3 in Liguria, 1 in Veneto, 1 in Valle d’Aosta ed 1 in Trentino Alto Adige.

La ‘ndrangheta, rileva la Relazione, risulta ‘perfettamente radicata e ben inserita nei centri nevralgici del mondo
politico-imprenditoriale anche nei contesti extraregionali’ ed i numeri ‘dimostrano la capacita’ espansionistica delle cosche e la loro vocazione a duplicarsi secondo gli schemi tipici delle strutture calabresi’.