I cinque referendum sono un flop. Nessuna sorpresa, era una cosa più che scontata ma i numeri di questo flop sono impietosi. In Italia non si è raggiunto neanche il 30% dei votanti e la possibilità che ance uno solo dei quesiti fosse valido non è mai stata in discussione. Ma in Sicilia la situazione è perfino peggiore con una affluenza appena sopra il 23% nell’intera regione. Enna la provincia dove si è votato di più con il 25,5%seguita da Palermo e Catania altre due province sul triste podio con il 24,9% e il 24%.
L’affluenza nelle singole province
Il dato maggiore lo ha fatto registrare, come detto, Enna con il 25,48% seguita da Palermo con una affluenza del 24,91% e da Catania con il 24,02%.
In fondo alla classifica Agrigento con il 19,6o%, Caltanissetta con il 19,84% e Trapani con 20,30%. Nel mezzo Ragusa (23,16%); Messina (23,26%), Siracusa (22,53%).
Il corpo elettorale
I siciliani chiamati alle urne erano più di 4 milioni e mezzo ed esattamente 4.627.146 secondo i dati dell’assessorato regionale agli Enti Locali e del Viminale. Per permettere il loro voto sono state allestite 5306 sezioni.
400 milioni buttati al vento
L’intera macchina referendaria è costata 400 milioni di euro. Soldi letteralmente buttati al vento anche per responsabilità di scelte del governo che non ha voluto accorpare il referendum alle elezioni amministrative per evitare che l’accorpamento convincesse qualcuno a votare anche la scheda referendaria. Ma che l’esito sarebbe stato questo lo sapevano tutti, organizzatori compresi. Magari non si aspettavano una sconfitta di tali proporzioni.
Landini se ne faccia una ragione
Dalla Sicilia parte l’attacco ad alzo zero verso il leader Cgil: “Altro che rivolta sociale di Landini. Il bilancio dei referendum, con quorum sotto il 24% in Sicilia, mette in imbarazzo il segretario della Cgil e la tutta la sinistra. È chiara la posizione dei siciliani su temi legati al lavoro, che ribadiscono anche il ‘no’ alla cittadinanza facile. Nel rispetto di chi è andato a votare, se la maggioranza dei cittadini ha fatto scelte differenti, i sindacati impegnati più in politica che nell’ascolto della gente dovrebbero fare i conti con la realtà” dice Nino Germanà, vicepresidente dei senatori della Lega e commissario in Sicilia.
Un’altra sconfitta da incorniciare
“La sinistra a trazione CGIL colleziona un’altra memorabile sconfitta alle urne. Gli italiani, ancora una volta, hanno dimostrato di non farsi strumentalizzare, respingendo con decisione il referendum proposto. Un chiaro segnale di sfiducia verso chi tenta di usare strumenti democratici per fini meramente politici e ideologici. Il risultato è inequivocabile: è stato bocciato il referendum, è stato bocciato il tentativo di indebolire in modo pretestuoso il Governo Meloni, che invece ne esce ulteriormente rafforzato” commenta, invece il deputato Segretario di Presidenza alla Camera e capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Giustizia, Carolina Varchi.
La risposta dalla Cgil siciliana
La Cgil siciliana ammette la sconfitta ma parla, comunque, di temi del lavoro tornati al centro dell’agenza politica. “Il referendum ha avuto esito negativo per il mancato raggiungimento del quorum, ma ci consegna un patrimonio da cui ripartire e su cui costruire il riscatto della Sicilia: l’attenzione che centinaia di migliaia di persone hanno rivolto ai temi della qualità del lavoro e dei diritti. In Sicilia i votanti sono stati quasi 900 mila, un dato significativo, e i flussi ci dicono che soprattutto i giovani hanno partecipato al voto in maniera significativa. I soggetti che hanno sostenuto il referendum, devono ora impegnarsi ad andare avanti sulla strada tracciata, per recuperare ancora di più partecipazione e fiducia nella possibilità di cambiare le cose” dice il segretario generale della Cgil Sicilia, Alfio Mannino, a proposito dell’esito del referendum appena concluso.
Mannino rimarca “Tante persone sono state coinvolte in una discussione di merito e abbiamo riscontrato grande attenzione, anche se evidentemente questo non è bastato. Ma la strada per costruire un nuovo modello economico, che valorizzi il lavoro, è lunga e siamo fiduciosi nel fatto che comunque il percorso sia cominciato”.
Sud soffre più che altrove per questo vota meno
Sul maggiore astensionismo al Sud , il segretario della Cgil Sicilia dice che “è il segnale di una maggiore sofferenza di un’area del paese che vorrebbe ottenere risultati ancora più significativi di quelli proposti dal referendum ma che purtroppo si chiude in se stesso invece di affrontare la sfida del voto . Il dato complessivo rispecchia – sottolinea- le fratture sociali e territoriali nel nostro Paese e nella nostra regione. Vanno rilevati ad esempio i dati della grande solitudine degli anziani e quello dello spopolamento delle aree interne : ci sono persone che risultano iscritte nelle liste elettorali ma non si trovano di fatto più lì e solo una minima parte di esse è riuscita ad attivare le procedure per i fuori sede . Quindi- conclude Mannino- l’azione contro lo scoraggiamento e la disaffezione al voto passa necessariamente da nuove politiche per la coesione sociale e per l’occupazione, dallo sviluppo del territorio a partire dalle aree interne, da politiche di sviluppo che diano ai giovani prospettive. Noi continueremo a lottare per tutto questo a metterci energie e la faccia, come abbiamo fatto con questo referendum. Crediamo che lungo questa strada possiamo costruire una nuova prospettiva per il paese e per la Sicilia”.
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