Non si placano le polemiche dopo il rimpasto della giunta regionale deciso da nello Musumeci e la “deriva maschilista”. In giunta infatti non ci sono più donne dopo l’arrivo dei due nuovi assessori, Marco Zambuto e Toni Scilla. Musumeci ha chiesto a Forza Italia di fornire i nome di una donna ma le polemiche non si placano.

L’assenza di rappresentanza femminile nella Giunta di governo, a seguito della sostituzione dei due assessori (di cui una donna) richiesta da Forza Italia, è solo momentanea – ha detto Musumeci -. Come è noto, ho chiesto alle forze politiche della coalizione di far sì che la parità di genere sia non solo predicata ma anche praticata. Mi attendo, quindi, già a breve atti e scelte consequenziali”.

Ma di “inaccettabile l’arroganza del Presidente Musumeci che, in spregio alla valanga di proteste delle donne democratiche di tutta Italia, ha chiuso la composizione della sua giunta tutta al maschile”, parla Emily Palermo, Associazione per la promozione delle donne del centrosinistra nella politica, nella società e nella cultura. Emily, che è stata determinante già nel 2013 per l’approvazione della doppia preferenza di genere per la legge elettorale dei comuni siciliani, chiamerà nuovamente a raccolta tutte le associazioni femminili perché sia il Tribunale a mettere fine a questa indecorosa condizione di arretratezza istituzionale della Sicilia. Doppia preferenza di genere nella legge elettorale per l’Ars e applicazione della legge Delrio alle giunte di tutti i comuni siciliani e del governo regionale in testa sono i nostri obiettivi e non ci fermeremo”.

Fa eco Valentina Falletta, componente della direzione nazionale di Italia Viva. “Quello che è accaduto in Sicilia è inaccettabile. Il Presidente Musumeci ignorando i principi Costituzionali della parità di genere, gli appelli giunti trasversalmente da tutte le forze politiche e dalla società civile, ieri ha presentato la nuova giunta regionale siciliana totalmente maschile”.

Intanto il PD annuncia che procederà alle vie legali. “Daremo incarico a un pool di esperti, coordinati dall’avvocato Antonio Saitta, per valutare ogni azione legale, non soltanto a tutela del diritto della parità di genere ma anche dell’immagine della Sicilia compromessa dalla scelta di Musumeci”. Lo ha reso noto il segretario del PD Sicilia, Anthony Barbagallo, criticando aspramente la nuova composizione della giunta regionale siciliana, annunciata da Musumeci che formalizza l’assenza di donne nella compagine governativa.

“A nulla serve il lungo elenco di donne – valenti e con indiscutibili meriti professionali – scelte da Musumeci per ricoprire incarichi prestigiosi sia nello staff sia ai vertici burocratici regionali: “il dato di fatto è che – secondo Milena Gentile, responsabile del dipartimento Pari opportunità e politiche di genere del PD siciliano – l’unica donna presente in giunta regionale è stata sacrificata in virtù di meri scambi di convenienza politica. Per questo, a ridosso del capodanno, abbiamo dato avvio alla campagna #inmezzoalleorecchie, raccogliendo una valanga di proteste e di petizioni. A questo punto non ci possiamo fermare, perché finalmente la Sicilia si adegui alle regioni del resto d’Italia applicando la legge Delrio, che prevede – conclude – il 40% della presenza di donne in giunta. Chiediamo inoltre l’approvazione della doppia preferenza di genere per la legge elettorale regionale ”.

Ma sui social i sostenitori di Musumeci fanno notare al Pd regionale che la minaccia di azioni legali contro il presidente Musumeci, per l’assenza (momentanea) di donne in giunta, provenga da un gruppo politico che è composto da soli uomini.

“Da oggi la Sicilia di Musumeci e Miccichè è l’unica regione d’Italia che non ha una presenza femminile in Giunta. Dodici assessori e un presidente tutti uomini. Neanche una donna. Esiste scelta politica più arcaica e mortificante?”. Così sui social il responsabile della Sicurezza per il Partito Democratico, il deputato Carmelo Miceli.

“Il dibattito sulla rappresentanza femminile nella Giunta regionale ancora una volta viene affrontato, spesso anche con toni e parole decisamente poco istituzionali ed oltre i limiti della volgarità, senza centrare il vero nodo che è quello della disparità di opportunità offerte alle donne e alle ragazze in Italia e soprattutto in Sicilia.
La rappresentanza parlamentare e nelle istituzioni di Governo rispecchia infatti la gravissima e diffusa disparità nel diritto di accesso delle donne ai servizi, all’istruzione, al mondo del lavoro. Per questo sono convinta che il tema vada affrontato in modo organico, ripensando a livello regionale il sistema del welfare, dei servizi alla famiglia, delle opportunità di studio e lavoro per le donne e le ragazze. Certamente anche ma non solo a livello di rappresentanza istituzionale.
In questa direzione proporrò un dibattito ed un confronto nelle prossime settimane, affinché in questa legislatura, con un apposito disegno di legge che intendo proporre, si possano individuare soluzioni e strumenti per superare un gap che certamente mortifica la presenza femminile ad ogni livello e in ogni ambito della società”. Lo dichiara Marianna Caronia.

“Brutta pagina della politica siciliana. Il Governo non contempla, al suo interno, nessuna presenza rosa”. Il Comitato Impresa Donna Sicilia della CNA prende posizione. “Nel 2021 non è più accettabile – affermano la presidente Maria Triolo e la coordinatrice Maria Bonanno – che la rappresentanza in una importante istituzione, come quella della Regione, abbia un unico genere. Non è possibile privare un così autorevole e rilevante assetto, che ha responsabilità di governo del territorio, della sensibilità, della visione e dei valori che si connotano nel profilo di una donna, la cui assenza finisce per mortificare e penalizzare il dibattito, il confronto e la stessa linea di condotta del governo che preferisce navigare attraverso un cruscotto monco e limitato. A poco vale ricordare che le competenze femminili sono tante, indiscusse e riconosciute, come sottolineato dallo stesso Musumeci, se poi le parole non vengono accompagnate dai fatti. Le donne diventano miracolosamente ed improvvisamente invisibili all’interno delle sedi e dei luoghi di rappresentanza. Anzi, rappresentano il problema. D’altronde, aver legiferato solo nel 2020 l’obbligo del 30 % della presenza femminile in giunta a partire dalla prossima legislatura, la dice lunga sull’entusiasmo e sulla volontà con cui si vogliono condividere le scelte e le responsabilità con il restante 50% e più del mondo. Dare alle donne l’opportunità di incidere, anche e soprattutto nella politica siciliana, non deve tradursi in una cortesia, in un privilegio o avvenire per gentile concessione, ma deve essere semplicemente – concludono Triolo e Bonanno – un principio fondamentale, un capo saldo da consolidare nel segno della partecipazione democratica, valore che si manifesta se è rappresentativo di tutte e tutti. E su questo non è possibile fare passi indietro”.

Patrizia Di Dio rileva come la nuova Giunta, senza nemmeno una donna dopo la sostituzione di Bernardette Grasso, è “in dispregio degli articoli 3, 51 e 117 della Costituzione”, norme con carattere precettivo che in Sicilia sono richiamate dall’articolo 9 dello Statuto della Regione siciliana”.

“Appare palese e incomprensibile – scrive la Di Dio – anche il contrasto tra l’iniziativa del presidente della Regione Musumeci e il chiaro principio dell’equilibrio tra i generi dettato dall’articolo 3 della L.R. 28 ottobre 2020 n. 26, ai sensi del quale la nomina degli assessori deve essere effettuata “assicurando che ogni genere sia rappresentato in misura non inferiore a un terzo”, norma che sebbene formalmente in vigore dalla prossima legislatura “testimonia la volontà da parte del legislatore regionale di aderire ai principi”.

“Pretendiamo – aggiunge la Di Dio – il superamento di questo intollerabile “deficit di democrazia”. La scarsa presenza di donne ai vari livelli e nella “governance” di una Regione è anzitutto una questione culturale e di civiltà e pone un problema di legittimità dei risultati perché non tiene conto degli interessi e delle esigenze di tutta la popolazione nel suo complesso. Da imprenditrici chiediamo una proporzionata presenza delle donne – che sono il 52% della popolazione -, requisito fondante di una società moderna e avanzata che deve essere garantita da pari opportunità di rappresentanza di donne e uomini in tutti i luoghi di decisione”.

“La democrazia paritaria non è un tema che “riguarda le donne” o “per le donne”, ma è un tema di democrazia che riguarda tutti, uomini e donne. Per quello che ci riguarda riteniamo sia anche un’esigenza ed un’opportunità economica, ancora più urgente per la crisi senza precedenti che stiamo attraversando. Indispensabile porre in essere soluzioni alla crisi epocale anche grazie ad una piena rappresentazione della società, che non può fare a meno della competenza femminile, indispensabile per la rinascita economica delle aziende e della Regione. Le donne danno il proprio contributo ogni giorno, a tutti i livelli della società, nelle imprese e nel lavoro: non è più ammissibile non avere adeguata e proporzionale rappresentanza negli organi decisionali”.

“Non siamo più disposte – conclude la Di Dio – a consentire situazioni di illegittimità in tema di democrazia paritaria e mancata valorizzazione del potenziale femminile. Sappiamo tutti che ci attendono sfide drammatiche e complesse e a maggior ragione in questo scenario, il contributo delle donne è di vitale importanza. Fare a meno della componente femminile significherebbe pensare di poter uscire da questa crisi camminando su una gamba sola e noi proprio non possiamo permettercelo”.