Delegittimata, paralizzata e indifesa. Sono le condizioni della giustizia in Italia. Condizioni perfino peggiorate per effetto del lockdown. Se ne è parlato a Palermo nel corso di un incontro organizzato  dall’avvocato Stefano Santoro nella sua doppia veste di avvocato e di esponente della Lega.

Dopo il saluto del coordinatore di tutti i Dipartimenti Igor Gelarda si è entrati nel vivo del tema affrontando le difficoltà nell’amministrare la giustizia. Processi rinviati, un sistema adottato durante il lockdown che rischia di essere prorogato fino alla fine dell’anno se non anche al prossimo anno, lunghe code anche solo per richiedere la notifica di un atto ma termini che non vengono rinviati.

Al dibattito hanno preso parte i vertici dell’avvocatura Palermitana. C’era Francesco Greco Componente del Consiglio Nazionale Forense, Fabio Ferrara, Presidente della Camera Penale di Palermo e Accursio Gallo delegato dell’Organismo nazionale Forense

I tre aggettivi attribuiti alla Giustizia italiana sono proprio quelli usati dall’Organismo congressuale forense che chiama al confronto le Istituzioni e le associazioni forensi e rivolge un appello unitario al Capo dello Stato Sergio Mattarella e alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica e non solo. Altrettanto forte è l’appello rivolto al Parlamento per lo stanziamento di fondi e per l’avvio di un profondo processo di riforma che possa dare la giusta legittimazione alla Giustizia.

È un “Piano straordinario per la Giustizia Italiana” quello che viene chiesto a gran voce dall’avvocatura italiana secondo cui “Oggi la nostra Giustizia è paralizzata, non accessibile e ostaggio di profonde distorsioni di sistema”.

E i fatti di cronaca venuti fuori in questi giorni – vedi caso Palamara e Di Matteo – non fanno altro che acuire un processo inesorabile di delegittimazione e di perdita di fiducia da parte del cittadino. Secondo una dura nota dell’Organismo Congressuale Forense, “eccessiva presenza della Magistratura nelle istituzioni di governo della Giurisdizione comporta una commistione di interesse che nuoce al buon governo della giurisdizione e che indebolisce la legittimazione democratica delle scelte in materia di Giustizia”. Per questo quello che serve è una riforma che metta un limita di separazione tra potere esecutivo e giudiziario. Il rischio, secondo l’organismo, è che vengo ancora più limata la credibilità nella giustizia da parte degli italiani.

Ma c’è di più perché l’emergenza Covid19 non sta facendo altro che aggravare la situazione già appesantita del settore Giustizia. La Fase 2 dell’emergenza non è una vera e propria ripresa e viene consentita la trattazione di circa un decimo delle cause previste. “Non sono state assunte per tempo adeguate misure di messa in sicurezza degli ambienti giudiziari – dice l’associazione dei legali -, già peraltro penalizzati da gravissime inadeguatezze strutturali del sistema di logistica giudiziaria; né sono state stanziate risorse adeguate per sostenere la primaria funzione giurisdizionale in modo adeguato alle dimensioni della crisi”.

Gli avvocati scendono in campo anche per il riconoscimento della dignità stessa dell’Avvocatura, della dignità della figura del difensore sul piano della retribuzione e del riconoscimento della qualità della sua attività professionale.

Qualche numero. Sono quasi 11 mila i processi penali già rinviati a Palermo (10.800 per l’esattezza) nel periodo dal 9 marzo all’11 maggio, in appena due mesi di lockdown e si rischia di arrivare a ventimila processi da qui alla fine di giugno. Sono solo i numeri del distretto di Palermo che vanno raffrontati con il resto dell’Isola dove i distretti giudiziari sono in tutto sedici. Si perchè la giustizia in Italia non è ripartita e sembra quasi che il Covid19 esista ormai soltanto nei tribunali e nelle aule scolastiche visto che nel Paese è ripartito tutto il resto, sia pur econ le dovute precauzioni.

Tutti concordi i partecipanti al dibattito sull’esigenza di una revisione del sistema, su una ripartenza in sicurezza necessaria per rispondere alla richiesta di giustizia che viene dalle persone così come per recuperare la dignità della professione di avvocato. Per i penalisti la proposta è chiara e la riassume il Presidente della Camera Penale Fabio Ferrara “E’ necessaria la ripartenza ma è necessaria una riforma consistente e radicale. Per noi tutto passa dalla separazione delle carriere fra magistrato inquirente e giudicante. Solo così il processo accusatorio potrà divenire veramente equo”.

“E’ intollerabile vedere il Pm a pranzo con il giudice magari alla fine dell’udienza – conclude l’avvocato Santoro – perché inevitabilmente i due si influenzeranno a vicenda. In buona fede, inconsapevolmente. Ma è inevitabile nella natura umana. E questo rischia di avere effetti sul libero convincimento del giudicante”

Ma il tema più urgente è quello della ripartenza. Non si può pensare di andare verso il periodo delle ferie senza aver affrontato alcunché. Si rischia che l’emergenza diventi il grimaldello per scardinare il sistema “Attualmente il sistema non è pronto per il processo a distanza. Serve una riforma serie e bisogna metterci i soldi per attrezzare tutto e tutto” sostiene Accursio Gallo

“Se tutto resterà così – conclude Santoro – saremo costretti a scendere in piazza. Lo faremo, lo facciamo per la dignità della nostra professione ma anche per i cittadini ai quali al momento non può essere garantita la giustizia. ED abbiamo bisogno dei cittadini perché questa è una battaglia comune di civiltà giuridica. Gli avvocati pagano il conto di questa situazione in termini di c risi economica ma la vera vittima è il cittadino al quale viene negato anche il semplice ricorso per una multa ingiusta”

Quello che è a rischio è un’intero sistema della giustizia. La domanda di giustizia non ottiene risposta