In attesa che al vertice europeo si stabilisca la misura della corda con cui impiccare l’economia e la società italiana, vorrei spendere qualche parola sul conflitto simbolico di queste ore. Il cosiddetto mainstream ha deciso che la disfida europea si gioca tra due squadre: i paesi frugali ed i paesi cicala. Le regole del recovery fund saranno stabilite da chi tra i due schieramenti saprà imporre la sua volontà.

E’ chiaro che la narrativa comune iscrive l’Italia tra le cicale. E ci va pure bene, perché sino a qualche tempo fa noi eravamo uno dei quattro paesi definiti Pigs (maiali, per essere chiari). Io sono un fan sfegatato dell’Europa. Ma non certamente di questa Europa delle banche e dei fondi sovrani che tutto è fuorché un progetto di democrazia e giustizia sociale.

Ma torniamo al confronto tra cicale e frugali. Le cose stanno veramente così? Di sicuro, anche prima del Covid, l’Italia ha un problema enorme: il rapporto tra Pil e deficit. Nel 2020 potrebbe schizzare al 165 per cento, fuori da ogni target, con rischi enormi per il nostro sistema del debito e del finanziamento sul mercato.

Come siamo arrivati a questo punto? Sul piano storico va ricordato che sino agli anni novanta – prima dell’euro – eravamo la quinta potenza economica a livello mondiale. Poi, la catastrofe. E tutte le ricette fornite dai governi tecnici hanno avuto come effetto l’amplificazione della crisi. Abbiamo tagliato talmente tanto che siamo il paese con il maggior avanzo primario in Europa. Pazzesco e ci chiamano cicale. Senza una visione umanistica dell’economia non ne verremo fuori. Con buona pace di chi invoca riforme e ancora riforme, simpatico eufemismo della borghesia finanziaria di sinistra per abbassare il costo del lavoro e tagliare ancor di più il welfare.

E ora veniamo agli olandesi frugali. A loro – non al popolo ma al sistema – dedico solo una battuta. Signori, i Paesi Bassi sono un paradiso fiscale, meta ambita da speculatori e gruppi industriali che non vogliono pagare le tasse ai livelli dell’Italia. Vedere FCA. E diciamoci anche la verità… La Germania usa Rutte e i Paesi Bassi per far picchiare duro alla gang dell’onomatopeico premier e mostrarsi invece dolce e tollerante nei confronti dell’Italia.

Io da questa storia ho capito una cosa. A Rutte piace vincere facile col suo bilancio statale avvelenato dall’essere paradiso fiscale. Alla Merkel non dispiace avere in ginocchio quell’uomo capace di sussurri e baciamano.

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