Più ragazzi partecipavano ai Pon, più soldi arrivavano in busta paga. Più fondi arrivavano, più poteva permettersi dei “lussi” che tanto le piacevano. Ad esempio: coi soldi che servivano per lo sport, si è concessa anche qualche vestito firmato.

Questi sono solo alcuni degli episodi più odiosi nell’indagine per corruzione e peculato che ha travolto la dirigente scolastica Daniela Lo Verde, a capo da 10 anni della scuola Falcone dello Zen e Cavaliere al merito della Repubblica, arrestata venerdì a Palermo.

Soldi per scarpe e abbigliamento

I soldi di un finanziamento pubblico da investire nell’ammodernamento della palestra della scuola Falcone dello Zen furono in gran parte destinati all’acquisto di scarpe e capi d’abbigliamento alla moda per i dirigenti dell’istituto. Una pratica truffaldina, condita da fatture gonfiate.

A raccontare agli inquirenti gli intrallazzi nell’istituto di periferia è stata un’insegnante, stanca di dovere assistere agli imbrogli. La testimone ha detto, tra l’altro, riferendo il racconto di un collega, che i novemila euro arrivati per comprare le attrezzature sportive in realtà erano stati spesi per lo shopping di pochi e che nella palestra erano arrivati solo pochi attrezzi. Per rendere la spesa apparentemente corretta, sarebbero state prodotte fatture false. Dalla denuncia della professoressa sono nati gli accertamenti dei carabinieri.

Accertamenti che hanno portato a intercettazioni e registrazioni video e che hanno smascherato la sistematica spoliazione orchestrata dalla Lo Verde e dai suo complici: dai furti di generi alimentari alla registrazione di false presenze per potere intascare i Fondi Ue, sino all’acquisizione di tablet, computer, smartphone e televisori che potevano essere destinati alle attività didattiche.

Caccia ai soldi

Al centro dell’indagine dei procuratori europei, Amelia Luise e Calogero Ferrara, restano i Programmi operativi nazionali, i Pon, una sorta di budget di secondo livello per tutte le scuole italiane dove si gioca una partita serratissima per accaparrarsi fino all’ultimo euro.  Da una prima stima i progetti con irregolarità all’istituto comprensivo dello Zen sarebbero già superiori ai 100 mila euro.

In pratica, più ragazzi partecipavano ai Pon, più soldi venivano erogati alla scuola, più sostanziosa era la quota destinata alla dirigente scolastica per il progetto. Una sorta di bonus che, dunque, dipendeva dalla partecipazione degli alunni. Più erano, più soldi arrivavano in busta paga.

Per questo le firme dei bambini sono la preoccupazione maggiore per Daniela Lo Verde. Da quando sa di essere nel mirino della procura europea cerca di correre ai ripari. “Io devo chiudere i Pon” sottolineava al suo vice Daniele Agosta aggiungendo: “Il campo di calcetto era zeppo d’acqua, c’erano due alunni…quelle degli altri le firmi tu e buonanotte al secchio, cercando di fare più attenzione…oppure bisognerebbe fare un’altra cosa, le telefonate a quei bambini per dirgli di venire a firmare che oggi c’è la pasta al forno”.

 

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