Vergogna, indignazione e perfino sfregio alla memoria e torto a Giovanni Falcone. Dieci minuti di anticipo nell’esecuzione del “silenzio fuori ordinanza” che chiude le manifestazioni ufficiali in ricordo della strage di Capaci hanno fatto scoppiare la polemica. Una polemica che, fino alla fine, era stata accuratamente evitata fra la Fondazione Falcone, organizzatrice delle manifestazioni ufficiali, e il cartello degli antagonisti, nato dopo l’insediamento del governo di centrodestra e che, già da un paio d’anni, avrebbe voluto che alle manifestazioni non fossero presenti, ministri, sottosegretari e perfino le autorità locali. Una pretesa francamente improponibile che è diventata la scusa per separarsi alla memoria ufficiale e farne una “propria” condita, in passato, da scontri con le forze dell’ordine che cercavano di evitare il contatto fra i cortei ufficiale e antagonista.
La memoria delle passerelle
Non c’è dubbio che la memoria di questi eventi diventi spesso una passerella ma è altrettanto vero che non si può chiedere alla Fondazione di fare memoria senza le istituzioni. La guerra alla mafia si fa con le istituzioni. Pretendere di non invitare ministri, presidenti e sindaci è un chiaro tentativo di spostarla in “caciara” politica. Anche perché l’assenza di ministri e istituzioni sarebbe, anch’essa, motivo di polemica.
Giocata, ormai, la carta degli scontri negli anni scorsi e giocata, anche quest’anno, la carta di Salvatore Borsellino che non aderisce alle manifestazioni ufficiali, ogni altra polemica era stata bypassata nel 33esimo anniversario che segna la svolta spostando tutto sul “Museo del Presente” nato per fare memoria 365 giorni l’anno, ridurre le passerelle e portare la memoria stessa verso un percorso di “normalità”
Il minuto di silenzio anticipato
L’operazione era quasi riuscita, fino alla fine. O almeno fino a 10 minuti prima della fine. La mattina, liscia, al Museo del presente, poi il pomeriggio all’Albero Falcone. La manifestazione che cominci ai ritardo e poi un errore nei tempi. Piero Grasso che legge i nomi delle vittime e il trombettiere della Polizia che suona il silenzio dieci minuti prima de previsto. Quella tromba da oltre 30 anni suona sempre alle 17,58, ora dell’esplosione di Capaci. Stavolta ha iniziato a suonare alle 17,47 e finito alle 17,48 con dieci minuti di anticipo.
Sul posto tutti basiti, è vero. La sensazione comune ai partecipati sia alla manifestazione ufficiale che al contro corteo che si era già unito agli altri sotto l’albero (stavolta la polizia ha lasciato fare proprio per evitare polemiche) è stata che ormai si volesse chiudere. Era andato tutto bene, meglio concludere. Ed ecco che la scusa per la polemica è servita. Un errore di calcolo che stava per diventare la classica chiacchiera da bar, la critica del giorno dopo all’organizzazione, la sequenza di frasi del tipo “si volevano sbrigare, ormai sta storia èp venuta a noia pure a loro” è diventato lo “sfregio” alla memoria.
L’attacco degli antagonisti “Volevano solo evitarci”
“E’ veramente una vergogna che sia stato anticipato di 10 minuti il momento del ricordo con il minuto di silenzio” dice Jamil El Sadi uno degli organizzatori del contro corteo.
“La prima volta dopo 33 anni dalla strage di Capaci. Un offesa alla città che è scesa in strada in questo corteo popolare. Un’offesa alle migliaia di giovani che hanno preso parte, un’offesa alle varie sigle e un offesa anche agli agenti di polizia che sono scesi in strada per garantire questo corteo e che hanno perso tre colleghi nella strage di Capaci”.
La convinzione è che all’arrivo della manifestazione degli antagonisti si sia voluto chiudere in fretta e furia per evitarli e dunque, con la scusa dello sfregio alla memoria, si apre la querelle politica.
La nota ufficiale del cartello degli antagonisti con la Cgil
“Anticipare di dieci minuti il minuto di silenzio della Strage di Capaci è una cosa inaudita e vergognosa. Come realtà promotrici del corteo antimafia che ha attraversato la città di Palermo, Attivamente, Our Voice, Giovani Cgil Palermo, Udu Palermo, Collettivo Rutelli, Collettivo Sirio-Benedetto Croce, Sindacato Regina Margherita, prendiamo le distanze da questa azione della Fondazione Falcone”.
Il contro silenzio col megafono
Ed arriva, così, l’iniziativa estemporanea del silenzio rumoroso “Appresa la notizia abbiamo deciso congiuntamente di celebrare comunque il minuto alle 17:58 con il “silenzio d’ordinanza” al megafono. Quanto avvenuto oggi sotto l’albero Falcone è un’offesa e un tradimento nei confronti di tutta la città di Palermo, che vuole fare memoria delle vittime di questa strage e chiede piena verità e giustizia”.
L’attacco pentastellato
“E’ francamente incomprensibile l’anticipo del minuto di silenzio tenuto oggi davanti all’albero Falcone in memoria della Strage di Capaci. Non era mai successo. In tantissimi lì presenti ci siamo stupiti” dicono i deputati palermitani del M5S Valentina D’Orso e Davide Aiello.
“E’ invece più che comprensibile la sincera rabbia dei tanti studenti e delle associazioni dell’antimafia sociale che oggi in giro per Palermo hanno dato una formidabile prova di autentica passione per la legalità e per la giustizia. Già due anni fa al corteo dei giovani fu impedito bruscamente di raggiungere via Notarbartolo. Quest’anno invece i ragazzi, loro malgrado, sono arrivati a cerimonia frettolosamente ed inaspettatamente conclusa. Perché fare un simile torto a chi voleva commemorare Giovanni Falcone con autentico coinvolgimento? I ragazzi, la vera speranza per il futuro dell’antimafia pura e sincera, hanno subito un torto. La loro rabbia va ascoltata, non allontanata. Una ragazza amareggiata ha detto: ‘Siamo qui per ricordare e non siamo stati accolti’. Questa è una sconfitta”.
La replica della Fondazione Falcone “Memoria non è un cronometro”
“Non c’era alcun voglia di alimentare polemiche. É vero, il silenzio del trombettista é arrivato con qualche minuto di anticipo su quel fatidico orario che da 33 anni ci ricorda il sacrificio di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e i meravigliosi ed eroici uomini della scorta guidati da Antonio Montinaro. L’unica cosa che conta per davvero è l’essere stati uniti, insieme, per ricordare ancora una volta i nostri Eroi” replicano dalla Fondazione Falcone.
“La politica non c’entra nulla e chi tenta di strumentalizzare quei 7 o 8 minuti di anticipo commette un errore di valutazione. É così difficile comprendere che per chi – come noi- porta nel corpo e nell’animo quelle ferite non rimarginabili, le 17.58 del 23 maggio del 1992 scoccano e segnano ogni attimo della nostra vita da 33 anni? Per noi la memoria non è un cronometro ma impegno in ogni attimo della nostra vita”.
Guardando da lontano, la saga dell’esagerazione
Guardando da lontano questa vicenda, senza parteggiare per nessuno, da osservatori non di questa edizione delle manifestazioni del 23 maggio ma di tutte. Da cronisti che hanno raccontato la strage, i funerali, il dolore e l’indignazione della città, e poi 32 anni di ricordo (prima di questo). a cronisti che hanno anche scritto, andando contro corrente, che forse il sistema della memoria era ormai stantio ed andava rivisto, ci sentiamo di dire due cose: la sorpresa per il silenzio in anticipo c’è stata ed è stata generale ma considerarla uno “sfregio” dimostra poca memoria. Sì, poca memoria! Perché lo sfregio vero è quello che la mafia ha fatto a questa città. E che continua a farlo!
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