Un continuo superamento dei limiti di inquinamento ambientale, con i cittadini  a respirare veleni senza che le istituzioni preposte alla salvaguardia della loro salute abbiano agito per evitarlo.

Lo scorso ottobre sono stati assolti nel processo che li vedeva imputati in quanto responsabili dell’inquinamento da smog, in seguito ad omissione di atti di ufficio, i due ex presidenti della Regione, Cuffaro e Lombardo, e quattro ex assessori all’Ambiente: Francesco Cascio, Rossana Interlandi, Giuseppe Sorbello e Giovanni De Mauro.

Adesso sono state rese pubbliche le motivazioni di quella sentenza che aveva stupito e non poco i siciliani, dato che nel corso del processo era anche emersa “una evidente e macroscopica negligenza dell’apparato regionale e dell’ Arpa, dando prova di palese negligenza a danno di tutti i cittadini siciliani”.

In pratica, a leggere le motivazioni dell’assoluzione, si potrebbe dire che sul banco degli imputati sono finite le persone sbagliate.

E’ Repubblica Palermo a riportare le motivazioni della sentenza della corte presieduta da Vittorio Alcamo nelle quali si legge che gli imputati “tenuto conto della delicatezza della materia e della serietà delle possibili conseguenze a carico della salute collettiva, avrebbero meritato un ben più centrato procedimento a carico dei soggetti realmente responsabili”.

L’accusa di omissione di atti di ufficio era stata mossa agli imputati “per essersi indebitamente rifiutati di predisporre e far approvare” i piani per combattere l’ inquinamento ambientale. I pm avevano invece chiesto l’ archiviazione per i dirigenti e i funzionari amministrativi.

“Ma – sottolineano i giudici – erano proprio loro i soggetti competenti ad istruire e predisporre i piani ” mentre ai presidenti della Regione e agli assessori la legge assegna il compito di “esercitare le funzioni di indirizzo politico-amministrativo e definire gli obiettivi ed i programmi da attuare“.

Nel corso del processo, i giudici si sono ben presto resi conto di ritrovarsi davanti come testimoni quelli che avrebbero dovuto essere gli imputati (cioè i dirigenti e i tecnici) e come imputati i politici che avrebbero dovuto essere testimoni. A questi ultimi avrebbe dovuto essere contestata un’accusa precisa: “L’ unico potere-dovere previsto in capo agli assessori ed al Presidente della Regione – scrivono i giudici – è quello, residuale ed eccezionale, di fissazione di un termine perentorio nell’eventualità di gravi inerzie da parte dei dirigenti ed, in caso di ulteriori inerzie, di nomina di un commissario ad acta”.