In occasione del trentennale delle stragi di Capaci e via D’Amelio, Il Partito Democratico ritiene doveroso essere in prima fila affinché le verità storiche possano contribuire ad accelerare il processo di conoscenza e cambiamento della nostra democrazia.

Il 19 luglio il dibattito alla biblioteca comunale di Palermo

Per questo il dipartimento Cultura del PD Sicilia – coordinato da Manlio Mele – ha organizzato un importante evento dibattito sull’argomento in un giorno simbolico e in un luogo altrettanto significativo: il 19 luglio alle 20:30 nell’atrio della Biblioteca Comunale si terrà infatti un confronto nel giorno in cui fu ucciso il giudice Borsellino nel sito che ospitò il suo ultimo storico intervento pubblico.

I partecipanti al dibattito

Si intitola “A 30 anni dalle stragi: questione criminale e questione democratica. L’altra storia” il confronto dibattito, introdotto da Mele, che prevede la partecipazione di: Andrea Purgatori giornalista e scrittore; Roberto Scarpinato, già procuratore generale di Palermo; Pif, regista e autore televisivo; Sigfrido Ranucci, giornalista; Paolo Guido, procuratore aggiunto a Palermo; Paolo Flores D’Arcais, direttore di Micromega; Caterina Chinnici, europarlamentare PD; Anthony Barbagallo, segretario regionale PD Sicilia; Stefania Limiti, giornalista e scrittrice.

La sentenza depistaggio

Intanto, due giorni fa, è arrivata la sentenza del tribunale di Caltanissetta relativa al processo riguardante il depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio.
E’ amaro ma al tempo stesso fatalista Salvatore Borsellino nel commentare la recente sentenza. Il fratello minore di Paolo Borsellino, il magistrato ucciso quel 19 luglio del 1992 con un’autobomba in via D’Amelio insieme ai suoi 5 agenti di scorta, ammette che non si aspettava nulla: “E’ quello che succede quando passano tanti anni – afferma – prima di arrivare a certi processi. Comunque il processo di Caltanissetta era bacato dall’origine”.

Perché il processo è “bacato”?

Alla sbarra tre funzionari di polizia, Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, per cui è caduta l’aggravante mafiosa il cui reato è stato derubricato in calunnia semplice ed è andato in prescrizione. Ribaudo è stato del tutto assolto. Salvatore Borsellino insiste nel dire che di per sé il processo era inficiato da una parziale verità di quei fatti e lo ha spiegato il 13 luglio a Partinico, dove è stato ospite alla Cantina Borbonica nell’ambito di un evento organizzato dal sindacato di polizia del Siap in cui si è parlato proprio dei depistaggi attorno alla strage di via D’Amelio: “Ad essere stati processati – ha evidenziato Borsellino – gli ultimi anelli della catena, dei funzionari semplici di polizia. Si sarebbe invece dovuto risalire a tutta la catena di comando perché è impensabile che potessero essere dei semplici funzionari ad aver ordito quello che è stato chiamato il più grande depistaggio della storia del nostro Paese, come è stato affermato dalla sentenza del Borsellino quater”.

“Il silenzio contro il frastuono della retorica”

Anche quest’anno Salvatore Borsellino ha intenzione di non organizzare nulla di ridondante per ricordare la memoria del fratello il prossimo 19 luglio. “Io quest’anno ho deciso per la manifestazione che organizzo in via D’Amelio di farla diversamente, all’insegna del silenzio – annuncia –. Non ci saranno né palchi, né dibattiti, solo il minuto di silenzio e un momento di musica con il famoso violoncellista Luca Franzetti. Eseguirà tutte e 6 le suite di Bach del violoncello solo. Questo per fare risaltare la mia scelta di silenzio che si oppone al frastuono dei megafoni della retorica che si sono scatenati il 23 di maggio”.
Salvatore Borsellino conclude: “Continuerò a ricercare la verità sino all’ultimo giorno della mia vita”.

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