È stato inaugurato oggi, sul molo Vittorio Veneto, il Palermo Cruise Terminal, realizzato sullo scheletro dell’antica stazione marittima, datata 1950 e firmata dall’architetto Salvatore Caronia Roberti. È il risultato di una completa rifunzionalizzazione che ne ha mantenuto sostanzialmente invariato l’aspetto esteriore ma è radicalmente intervenuta sulla riconfigurazione degli spazi interni, in termini di consistenza, di funzioni, d’architettura, di collegamenti.

Monti: “Rispondere ad esigenze di mercato”

“Ci siamo impegnati per restituire al porto un’anima nuova, legata al cuore antico della città, alla sua storia, alla sua cultura – ha spiegato Pasqualino Monti, presidente dell’Autorità portuale del Mare di Sicilia occidentale -. È motivo d’orgoglio per me riconsegnare alla città il suo cruise terminal, indispensabile per cogliere le tante sollecitazioni che giungono dall’esterno e per rispondere in modo nuovo alle attuali esigenze del mercato. L’intervento è servito a incrementare lo sviluppo e l’utilizzo della struttura che riveste un ruolo strategico per la mobilità, il turismo, l’economia della realtà urbana e siciliana. Di più: essa rappresenta la prima interfaccia tra la città di Palermo e il turismo crocieristico”.

I presupposti dell’opera

Nel 2017 la nuova governance, presieduta da Pasqualino Monti, aveva ereditato una stazione marittima in stato di abbandono: una struttura fatiscente, sequestrata, su una banchina a sua volta sequestrata nel 2015 dalla Procura di Palermo per problemi di stabilità, e con un contenzioso in atto con la ditta che stava eseguendo i lavori. Da questa condizione di partenza ha avuto inizio una mastodontica, e complessa, riqualificazione, realizzata in mezzo a mille difficoltà, non ultime quelle conseguenti alla pandemia. Risolto il contenzioso e riaperto il cantiere a fine 2018, è stata messa in sicurezza e dissequestrata la banchina ed è stato ricostruito totalmente il terminal.

L’intervento

Il primo progetto di ristrutturazione dell’intero edificio risale al 2009 ma successivamente è stato adeguato per sopravvenute esigenze normative e impiantistiche, e anche reso più ampio e funzionale. L’interno è stato totalmente demolito e ricostruito. Il progetto si inserisce nel più ampio ridisegno del waterfront, per un costo complessivo della struttura e delle opere a supporto pari a 40 milioni di euro. Chiaro l’obiettivo: elevare la funzionalità del cruise terminal a un livello di standard contemporaneo, tramite la ridefinizione degli spazi, l’implementazione e la riorganizzazione delle strutture e dei servizi (accettazione, attesa, controllo e tecnologia), l’integrazione e la sostituzione degli impianti tecnologici.

Acciaio e vetro

L’impiego di acciaio e vetro ne fanno una struttura dall’aspetto contemporaneo senza dimenticare lo spazio dedicato al verde, ormai “segno” imprescindibile del porto. Particolare attenzione è stata riservata al controllo microclimatico ambientale e al risparmio energetico ad alta sostenibilità. All’ultimo piano trova posto un bar (un altro è al piano terra), e un grande ristorante, dalla forma sinuosa, si adagia sulla copertura e, grazie alla conformazione dei volumi della stazione marittima, non disturba lo skyline dal fronte città. Oltre alla banchina, anche tutta l’area attorno è stata completamente sistemata, assegnando una precisa collocazione ai vari servizi utili a chi sbarca.

Rete di infrastrutture “essenziali”

“Non abbiamo cercato – ha aggiunto Monti – un bell’edificio posizionato al centro del porto ma abbiamo costruito attorno a esso una rete di infrastrutture essenziali:  abbiamo dragato i fondali, salpato il molo sud, inserito il dolphin al Vittorio Veneto, eliminato finalmente i bacini da 19 e 50 mila Tpl che rendevano difficoltose le manovre dei colossi del mare. Abbiamo ricostruito il Sammuzzo, una banchina di circa 500 metri sulla quale non riusciva ad attraccare neanche un peschereccio e che oggi è un approdo sicuro per grandi navi da crociera, e uno spazio verde con in testata un attrezzato terminal aliscafi: il servizio pubblico per le isole minori è fondamentale che avvenga in un contesto qualificato. Sul Trapezoidale, abbiamo intrapreso un’opera di demolizione incredibile di quasi 20 mila mq di brutture e nefandezze. Siamo rimasti fedeli al nostro motto “demolire per ricostruire”, perché il mercato, ovvero il nostro faro per incrementare volumi, traffico passeggeri, ricchezza, aveva necessità che i lavori venissero conclusi in tempi brevi e con rispetto dei tempi”.

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